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In principio

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VOTO: 7.5

Reloaded

Impossibile stabilire con esattezza quante volte la fantascienza post-apocalittica sia approdata sul grande schermo dall’alba della Settima Arte sino ai giorni nostri. L’impossibilità viene dall’enorme mole di pellicole indipendenti e mainstream realizzate alle varie latitudini, di conseguenza un censimento su larga scala è da considerare un’impresa titanica. Tuttavia un possibile spartiacque per creare le basi di una selezione naturale, utile quantomeno a restringere – seppur di poco – il campo di azione, è rappresentato dal rapporto tra quantità e qualità. Un simile spartiacque può di fatto consentire di ripescare dal gigantesco calderone quelle opere meritevoli di attenzione, lasciando ciò che resta a sedimentare sul fondo. Il suddetto filone appartenente allo sterminato “universo” Sci-Fi non si ferma però ai soli lungometraggi, bensì ha trovato terreno fertile a livello internazionale anche nel formato breve. Viene da sé che il filone in questione si sia prestato sotto varie forme pure al cortometraggio, con risultati più o meno soddisfacenti. Recentemente abbiamo incontrato sulla nostra rotta un’opera che ha saputo fare convergere nel proprio DNA temi e stilemi della vecchia e della nuova scuola.
Si tratta di In principio di Daniele Nicolosi, che dopo un positivo tour nel circuito festivaliero (selezionato tra gli altri al Trieste Science+Fiction Festival 2018 e al Ferrara Film Festival 2019) è approdato alla 17esima edizione del Sa.Fi.Ter. dove ha firmato una bella doppietta nel palmares generale, aggiudicandosi il premio per il miglior film della sezione “Corto Italia” e quello speciale della giuria per l’interpretazione di Giorgio Colangeli.
La pellicola racconta la storia di un uomo che si sveglia in un mondo post apocalittico, nel quale pochi superstiti vagano sulla Terra come ombre inquiete. L’uomo percorre lande desolate, attraversate da milizie armate fino ai denti e dirette verso una grande città, alla ricerca della sua famiglia. Nel suo lungo peregrinare, l’uomo incontra un vecchio sopravvissuto, impegnato a consumare un pasto frugale in un edificio abbandonato. Divorati dalla fame, i due si dividono la magra cena e iniziano un dialogo dai risvolti sconcertanti.
Il confronto verbale a più riprese che si innesca tra i due protagonisti, nei panni dei quali troviamo il già citato Giorgio Colangeli e Giovanni Anzaldo, rappresenta il cuore pulsante di uno script dove le parole ricoprono un ruolo principale e le tematiche affrontate nel corso della timeline hanno un peso specifico non indifferente. E sono proprio i i fitti e intensi dialoghi tra i personaggi a farsi carico del suddetto peso. Pur gravitando nella sfera del cinema di genere, quest’ultimo si mette al servizio di argomentazioni rilevanti che arrivano a toccare non solo i temi chiave e imprescindibili della fantascienza apocalittica (l’uomo carnefice di se stesso, la lotta per la sopravvivenza alla ricerca di risorse limitate, il pericolo di estinzione della specie umana, etc…), ma si avventurano nel terreno minato del filosofeggiare e dell’esistenzialismo. Punte di morale e messaggi minatori nei confronti dell’uomo e del suo scellerato agire si affacciano in più di un’occasione, per fortuna senza scivolare mai nel banale. Al contrario, In principio e coloro che l’hanno concepito (Giampaolo Galli e il regista stesso) sembrano non avere paura di confrontarsi faccia a faccia con tutto questo, esattamente come l’uomo e la sua coscienza in carne ed ossa fanno nella messa in quadro. Sta qui l’elemento che fa la differenza in un’opera che altrimenti si sarebbe omologata a tante altre più o meno simili.
Per fortuna, Nicolosi ha saputo mantenersi alla larga dalle sabbie mobili che hanno inghiottito molti colleghi in passato, incapaci di dare un’impronta propria alla materia prima e visiva. Per farlo, l’autore fa suo l’immaginario e strizza l’occhio evocando film che hanno scritto pagine importanti nelle varie epoche, mescolando però al facile citazionismo (in particolare torna alla mente la saga di Mad Max e l’adattamento cinematografico del romanzo di Cormac McCarthy, The Road, diretto da John Hillcoat) qualcosa di importante, vero ed emotivamente sentito, che valesse la pena di ascoltare. Il tutto prestando grande attenzione alla credibilità della messa in scena (spesso tallone d’Achille di operazioni analoghe) e alla componente fotografica, per la quale ci teniamo a sottolineare il contributo di Francesco Crivaro.

Francesco Del Grosso

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