Il principio della fine
Ignacio Rodó ha debuttato nel 2007 come regista di corti con Incunable e da quel momento le sue opere sono state selezionate in più di mille festival cinematografici internazionali, nei quali ha vinto una serie di importanti riconoscimenti. Una filmografia, la sua, estremamente nutrita e variegata, frutto di un lavoro creativo senza sosta che lo ha portato a dirigere una media di tre cortometraggi l’anno qualitativamente di buona fattura. La sua produzione sulla breve distanza ad oggi infatti conta una quarantina di opere con e attraverso le quali il cineasta spagnolo ha potuto e saputo esplorare l’intero ventaglio dei generi, passando senza soluzione di continuità e con estrema disinvoltura dal thriller all’horror, dal crime alla fantascienza. Proprio a quest’ultimo appartiene la sua ultima fatica dietro la macchina da presa di una filmografia assai variegata dal titolo In corpus, presentata in concorso nella sezione “ShorTS Express” del 24° ShorTS International Film Festival, la sezione della kermesse giuliana che ospita corti brevissimi provenienti da tutto il mondo.
In soli tre minuti, il classe ‘86 di Barcellona riesce laddove moltissimi colleghi delle varie latitudini invece hanno fallito e sono soliti fallire persino sulla lunga distanza. A lui sono sufficienti una manciata di giri di lancetta nel quadrante per dare forma e sostanza a un incubo ad occhi aperti che cambia velocemente e improvvisamente pelle con una facilità tanto disarmante quanto spiazzante. In pochi secondi si consuma tanto il destino del protagonista, qui interpretato da Marc Pujol, quanto quello dell’intera umanità. Sembra l’incipit di qualcosa, di un caos che potrebbe dare origine a una catastrofe. In In corpus un meteorite precipita improvvisamente nella stanza di un uomo, un evento che darà il via a una reazione a catena irreversibile.
Tutto è topograficamente circoscritto in modalità kammerspiel tra le quattro mura di un appartamento con Rodó che non ha bisogno di un arco temporale dilatato per risvegliare paure ataviche e ancestrali, tantomeno per rievocare autori e pellicole che ne sono chiari riferimenti e modelli. Il risultato è uno Sci-Fi dalle venature horror, nel quale il cinema di Cronemberg incontra quello di Carpenter per poi fondersi con la fantascienza vecchia scuola. Il tutto con una cura tecnica e una confezione audio e video che non lascia nulla al caso.
Francesco Del Grosso