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Il testimone invisibile

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VOTO: 7

Pedine di una scacchiera

Le inquadrature dall’alto, di notte, in cui si stagliano gli edifici trasparenti ci fanno subito entrare nel mood de Il testimone invisibile, un giallo che inizia a porre le sue carte in tavola già dai primi secondi, ma che ben saprà scompaginarle. Cosa e chi si “nasconde” dietro a quei vetri che – in teoria – dovrebbero mostrare tutto?
«La plausibilità si basa sui dettagli», afferma l’avvocato Virginia Ferrara (Maria Paiato), nel momento in cui lancia il guanto di sfida a colui che dovrebbe assistere. Si tratta di Adriano Doria (Riccardo Scamarcio), un giovane imprenditore di successo, accusato di omicidio della sua amante, la fotografa Laura (brava Miriam Leone). L’uomo ha centottanta minuti per lavorare con la penalista prima che la polizia venga a bussare nuovamente alla sua porta. Ed è così che dai toni scuri della metropoli e delle ombre insite nei personaggi si passa al bianco quasi accecante delle montagne. Cominciando a ricostruire, passo dopo passo, cosa sia avvenuto nella camera d’albergo e ancor più cosa ci sia dietro. Spalle al muro, Adriano racconterà tutta la verità? E soprattutto con che mossa si arriverà a questo (apparente) traguardo?
«Esistono due tipi di clienti: quelli che collaborano […] e quelli che pensano di essere più furbi e pensano di scappare a una condanna senza collaborare». Queste parole vengono proferite con una lucidità e una consapevolezza matematica dalla penalista che così mette alla prova il suo assistito a ogni palla rilanciata. La tensione cresce molto gradualmente, scompaginando nello spettatore qualche certezza che pensava di aver conquistato nel ripercorrere i fatti coi protagonisti.
«Se tutto il mondo è palcoscenico, allora tutti gli uomini sono attori», asserisce il personaggio interpretato da Fabrizio Bentivoglio, di cui non vogliamo rivelarvi l’identità per non togliervi il gusto di assistere al gioco delle parti. Vi basti sapere che anche questa frase è un indizio e tutto tornerà nella chiusura del cerchio.
«I dettagli signor Doria sono i dettagli a fare la differenza” […] Ogni volta che Maria Paiato in scena lo diceva a Riccardo Scamarcio, pensavo che lo stesse dicendo a me. Mi rapiva quell’invito al controllo del dettaglio e l’ho seguito il più possibile durante la messa scena di questo thriller, dove la verità è nascosta da un’altra verità che si protegge dietro un’ultima e apparentemente definitiva verità. Sono le conseguenze di un racconto che segue un filo rosso che più si dipana e più si ingarbuglia. Solo con il gomitolo in mano si può capire quale sia il colore del tessuto che tesse la trama», ha dichiarato il regista, anche co-sceneggiatore insieme a Massimiliano Catoni. Post-visione si può che il gioco delle maschere è ben riuscito.
Una particolare nota di merito, senza nulla togliere a tutti i componenti del cast senza dubbio in parte, ci sentiamo di farla alla Paiato, a cui finalmente è stata data la giusta opportunità cinematografica e lei da grande e versatile attrice qual è ha saputo mettersi a servizio delle vesti che di volta in volta indossava.

Maria Lucia Tangorra

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