Figli molto “speciali”
Lo avevamo lasciato nel 2014 alle prese con la scoperta dei superpoteri prima e con l’implosione di un sottomarino poi. Ora Michele Silenzi di anni ne ha sedici, vive ancora in quel di Trieste, ma del tredicenne introverso e timido protagonista de Il ragazzo invisibile sembra non esserci più traccia. Nella vita si cresce e Michele é cresciuto, con tutto ciò che ne consegue e che nel suo caso è direttamente proporzionale alla presa di coscienza e al peso delle responsabilità del “dono” che gli è stato dato.
Gabriele Salvatores ne torna a raccontare le gesta sul grande schermo in un sequel che arriverà nelle sale nostrane a partire dal 4 gennaio 2018 con 01 Distribution. Un sequel, questo, ampiamente pronosticabile, così come un terzo futuro capitolo con il quale chiudere una saga, che sarebbe la prima made in Italy dedicata a un supereroe. Del resto, il finale decisamente aperto dell’episodio inaugurale, il buon riscontro al box office (guadagni per un ammontare di 5.216.102 euro, risultando il quarantottesimo incasso dell’anno in Italia) e i riconoscimenti ottenuti (tra cui l’European Film Academy Young Audience Award), lasciavano presagire ulteriori e inevitabili sviluppi, con la vera madre di Michele, in realtà ferita alla spalla e non uccisa, a capo della base degli Speciali, alla quale veniva comunicata la mancata cattura del figlio e il ritrovamento della sorella gemella, Natasha, nascosta in Marocco. Naturalmente queste due presenze femminili entreranno a gamba tesa nella vita del protagonista e faranno da spalla, nel bene e nel male, alle sue avventure sullo schermo contro i cattivoni di turno.
Ne Il ragazzo invisibile – Seconda generazione, Michele è un adolescente tormentato, in “guerra” con se stesso e con il mondo che lo circonda, chiamato a misurarsi con i problemi e le crisi della sua età, ma anche con quelli legati alla sua condizione di “speciale”. Lo script punta per l’ennesima volta sulle tematiche del film del 2014, ossia la lotta al bullismo, l’amicizia, i legami familiari e il romanzo di formazione. Il tutto in una narrazione che si fa nel sequel più stratificata, con una linea mistery a infittire la trama e i jump cut temporali a interrompere quella linearità che aveva caratterizzato l’episodio precedente. Ribadiamo e sottolineiamo più volte che anche questa volta non ci troviamo al cospetto di un cine-comic come erroneamente riportato da altre fonti, nonostante il progetto crossmediale legato al film (con fumetto e romanzo al seguito) possa facilmente far pensare, bensì una fanta-action comedy (così come Lo chiamavano Jeeg Robot, Super o Kick Ass) in chiave children friendly che si lascia influenzare dall’universo e dall’immaginario fumettistico della Marvel, della DC e di compagnia bella.
Tale influenza diventa però la croce di un film che soffre il citazionismo dilagante (troppi e voluti i richiami alla saga cinematografica di X-Men) e il venire meno di un qualsiasi tipo di tocco personale, quello che un cineasta come Salvatores, rischiando, ha sempre saputo dare alle sue opere, anche a quelle meno riuscite. Ma della mancanza di un pizzico più o meno abbondante di originalità nel progetto, comunque coraggioso per le casse e gli standard visivi nostrani, il cineasta premio Oscar non ne ha colpa, al di là di avere deciso di dirigerlo, perché la sua firma non figura tra quelle del trio di sceneggiatori responsabile delle non poche lacune dello script. Quest’ultimo mette insieme cose e situazioni già viste per dare forma e poca sostanza drammaturgica a un plot che prende quota solo quando dalle parole si passa ai fatti. Non a caso, è la componente cinetica a mantenere l’operazione a galla, perché Il ragazzo invisibile – Seconda generazione recitativamente e drammaturgicamente parlando lascia non poco a desiderare, ma visivamente si lascia invece guardare, grazie e soprattutto ai VFX dello spagnolo Victor Perez e della fotografia di Italo Petriccione (vedi la scena della pioggia di fuoco nel salotto).
Francesco Del Grosso