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Il potere dell’oro rosso

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VOTO: 8

Duello al sole

È stato tra i protagonisti indiscussi dell’undicesima edizione di Cortinametraggio, dove si è aggiudicato ben quattro riconoscimenti (Premio ACI Juniores, Premio Anec-Fice, Premio migliore Colonna Sonora  e Premio del Pubblico). Si tratta de Il potere dell’oro rosso, l’ultima fatica dietro la macchina da presa di Davide Minnella, transitato nel concorso della prestigiosa kermesse cortinese dopo l’anteprima in quel di Alice nella città alla Festa del Cinema di Roma 2015. Non nuovo a vagonate di premi conquistati con i suoi lavori precedenti (da Come si deve a La porta e Mai dove dovremmo essere), il regista e sceneggiatore pugliese torna a misurarsi con la breve distanza dopo la parentesi sulla lunga nel 2014 con la commedia Ci vorrebbe un miracolo. Per farlo ha scelto di rimanere fedele al suddetto genere, portando sullo schermo un’opera che ha tutte le carte in regola per ritagliarsi un ruolo importante nel circuito festivaliero, perché ha nel suo dna tutto ciò che un cortometraggio dovrebbe avere sia drammaturgicamente che visivamente. La formula vincente che è alla sua base è, infatti, il risultato della perfetta alchimia tra quello che è stato pensato su carta e quello che poi è approdato sullo schermo.
Per quanto concerne la scrittura, Il potere dell’oro rosso costruisce le proprie fondamenta narrative su un plot semplice, ma estremamente efficace. Ed è proprio la semplicità l’arma affilata con la quale Minnella e la co-sceneggiatrice Elena Giogli riescono a fare breccia senza fatica alcuna nel cuore del fruitore di turno, compreso il nostro. Per colpire nel segno non ha bisogno di una stratificazione narrativa, di vorticosi e pindarici giri di parole nell’impianto dialogico, tantomeno di un disegno elaborato delle one line dei singoli personaggi che lo animano. Niente di tutto questo. La trama è scarnificata e portata all’essenziale; quanto basta per dare forma e sostanza a una storia e a dei protagonisti ai quali è sufficiente davvero poco per conquistare la platea. Quel poco è lo humour travolgente e senza freni che caratterizza l’intero script, di quelli che mandano al tappeto chiunque (da non perdere la colletta dei volontari della parrocchia e il primo incontro tra i protagonisti). Uno humour intelligente che sa essere anche nero, mai volgare e facile, e con il quale il regista, in poco meno di una ventina di minuti, affronta temi di stretta attualità come il pregiudizio raziale, la diffidenza nei confronti dell’altro, l’integrazione e l’immigrazione. Il rischio della favoletta a buon mercato, con tanto di morale al seguito, è dietro l’angolo, ma Minnella dribbla abilmente le sabbie mobili giocando con le sfumature della commedia e affidandosi a due personaggi con i quali è impossibile non entrare in empatia. Sono Rocco e Asad, rispettivamente Paolo Sassanelli e Moda Joao. Il primo, un burbero contadino pugliese, il secondo un giovane bracciante appena sbarcato sulle nostre coste. La convivenza forzata e la totale incomprensione linguistica renderanno sempre più complicato il loro rapporto sino a quando Asad, grazie ai suoi metodi “made in Africa” farà accadere qualcosa di veramente inaspettato. Ovviamente non vi riveleremo i risvolti, ma quello che va in scena è il classico scontro destinato a trasformarsi in un incontro, che diverte e fa riflettere.
Non è da meno la confezione, con il cineasta pugliese che firma una regia che asseconda il tutto e per tutto il racconto senza mai fagocitarlo con soluzioni troppo invasive. Ne viene fuori uno stile asciutto ed elegante, caratterizzato da fluidi e precisi movimenti di macchina che accompagnano la narrazione e le dinamiche tra i personaggi. Contributo determinante alla causa, la performance della coppia Sassanelli-Joao che, davanti alla macchina da presa, dà vita a uno spassoso duetto tutto da gustare, scandito ritmicamente dalla colonna sonora di Valerio Vigliar che comprende anche una cover de “Il cuore è uno zingaro” eseguita e arrangiata dagli Après la classe.

Francesco Del Grosso

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