Un amore senza tempo
Nella retrospettiva che il Florence Korea Film Fest ha dedicato nel corso della sua ventesima edizione a Lee Jung-jae non poteva assolutamente mancare, tra i dieci titoli scelti dalla direzione artistica della kermesse toscana, una perla di rara bellezza come Il mare. Si tratta dell’opera terza di Lee Hyung-seung, datata 2000 dalla quale sei anni dopo i produttori della Warner Bros hanno realizzato il fiacco remake hollywoodiano, La casa sul lago del tempo, con Keanu Reeves e Sandra Bullock. Un rifacimento, quello affidato all’argentino Alejandro Agresti, che però non è stato capace nemmeno di sfiorare la forza poetica dell’originale interpretato all’epoca dalla coppia formata da Jun Ji-hyun e dall’allora ventottenne attore di Seoul, esploso grazie al ruolo di Seong Gi-hun, alias numero 456, nella serie dei record targata Netflix, Squid Game.
Per chi non conoscesse la storia, l’autore ci porta al seguito di un architetto e di una doppiatrice che vivono nella stessa casa sul mare, ma a due anni di distanza l’uno dall’altra. Lui, Sung-hyun, nel 1997 va ad abitare in quella splendida abitazione. Trova nella cassetta postale una cartolina natalizia da parte di una ragazza. Piccolo particolare: la cartolina è datata nel futuro. Due anni dopo. Il ragazzo pensa a uno scherzo, ma risponde alla missiva. Tra i due inizia una fitta corrispondenza per venire a capo del mistero: ben presto capiranno che la cassetta postale è una finestra temporale tra il presente e il futuro. I due si innamorano. Ma come valicare questa distanza “anomala”?
Solo la visione di questo incantevole melodramma epistolare dalle venature fantasy, colmo di lampi di poesia (vedi la scena dell’albero che si accende di notte o la macchina da presa che vola a pelo d’acqua tra la foschia per raggiungere la casa nell’incipit), impreziosito da immagini che prendono il posto delle parole, da una musica avvolgente e da attori che parlano con gli sguardi e con il linguaggio del corpo, potrà darvi la risposta che voi tutti cercate. Quello che possiamo e vogliamo anticiparvi è che il disegno di due solitudini che si sfiorano, al di là dello spazio e del tempo, che ne scaturisce è qualcosa che scalda il cuore e inumidisce le guance. E lo fa con grande semplicità, grazie a una scrittura, a una regia e a una recitazione che lavorano in punta di matita per tutto il tempo a loro disposizione.
Nonostante di anni ne siano trascorsi ventuno da quella prima volta su uno schermo italiano in occasione della proiezione al Far East Festival nel 2001, Il mare ha conservato intatto quel mix di malinconia, tenerezza, leggerezza di tocco e appeal visivo del quale rimanemmo letteralmente incantati quando lo incrociammo in quel di Udine. Caratteristiche, queste, che lo scorrere inesorabile delle stagioni non ha minimamente intaccato, a differenza di quanto accaduto al suo remake occidentale che già all’epoca della realizzazione si era dimostrato incapace di replicarne essenza e poesia. La stessa che invece abbiamo ritrovato riguardando il film del cineasta sudcoreano, che nel frattempo è tornato solo un altro paio di volte dietro la macchina da presa, ma senza toccare le stesse vette, come nel caso di Hindsight, un action-thriller di buona fattura ma dove sono venuti meno i guizzi dell’opera precedente.
Francesco Del Grosso