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Il grande passo

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VOTO: 8.5

I sogni sono un carburante potente

Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita.
Così scrive Shakespeare ne “La Tempesta”, sua ultima opera. Noi ci permettiamo di aggiungere che anche il cinema pare essere composto della medesima materia; e questo Il grande passo di Antonio Padovan, al suo secondo lungometraggio dopo l’interessante ma trascurato Finché c’è prosecco c’è speranza (2017), unico film italiano in concorso al 37° Torino Film Festival, sembra confermarlo vieppiù. Fortemente ispirata dal cinema americano degli anni Ottanta, in primis di Spielberg, debito tra l’altro dichiarato dallo stesso regista, la pellicola ci narra la storia di due fratellastri (Giuseppe Battiston e Stefano Fresi), del loro rapporto da costruire, dei loro sogni e di quanto siano importanti per loro.
Il sogno appare essere il vero centro narrativo del film. Il sogno come motore della propria vita e delle proprie azioni, il sogno che: “è ciò che ci distingue dalle bestie”; come viene detto nel film.
Dario (Battiston) ha basato su di un sogno tutta la sua vita, a costo di farsi passare per pazzo ed estraniarsi dal mondo. Mario (Fresi) al suo sogno ha oramai rinunciato da parecchio, si è assestato in una condizione che lo rende né felice né infelice e all’inizio pure lui nutre dubbi sulla sanità mentale del fratello. Nel corso della vicenda i due saranno costretti a rivedere sé stessi, il loro passato e le loro convinzioni. In questo percorso vengono accompagnati dalla regia sicura di Padovan, che dimostra di aver ben appreso la lezione di Spielberg, e dei registi a lui coevi, e produce un film caldo ed emozionante, in questo coadiuvato da una sceneggiatura di alto livello scritta a quattro mani con Marco Pettenello, dalle musiche di Pino Donaggio, che si gonfiano e crescono insieme alla storia, e da un cast che vede nella coppia di protagonisti le sue punte di diamante. Se il paragone più immediato scatta con Spielberg e i registi americani della sua generazione non è peregrino tuttavia citare anche Carlo Mazzacurati ed il suo cinema lieve e di grande respiro.
Il film compone dunque una poetica coinvolgente che emoziona, diverte, commuove e, lo speriamo, spinge anche gli spettatori a sognare, riempiendo i loro occhi di meraviglia in quel modo particolare del quale è capace solo il cinema dei grandi affabulatori, di coloro che ad ogni pellicola ti raccontano una favola ed ogni volta, per quanto tu sia smaliziato o carico di cinismo, riescono a catturarti. Non è una cosa facile a realizzarsi, molte cose possono andare storte o non funzionare.
Si può anche dire che la vita non è questo, che il mondo non è questo. Ma chi l’ha detto che il cinema deve essere per forza come la vita? Perché il cinema dovrebbe limitarsi a fotografare la vita e il mondo così come sono? Perché non dovrebbe volare più in alto e farci sognare? Il cinema non è la vita, non è il mondo e non è tenuto ad esserlo. Il cinema può essere tutto ciò che desideriamo e rendere tutto possibile, proprio come nei sogni.

Luca Bovio

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