Alla ricerca del bulldog scomparso
In molti ricorderanno il recente lungometraggio Guarda in alto, opera prima del giovane regista Fulvio Risuleo. E se, di fatto, pur con le sue numerose imperfezioni, il presente lavoro si è fatto notare principalmente per uno sguardo del tutto nuovo, fresco e per una sceneggiatura che non ha paura di osare e di tentare nuove strade – magari anche sbagliando – al fine di scardinarsi – finalmente! – dai numerosi cliché delle produzioni cinematografiche nostrane, tale atteggiamento è stato mantenuto dal regista anche per quanto riguarda la sua opera seconda, ossia Il colpo del cane, realizzato poco meno di un anno dopo del suddetto Guarda in alto, appunto.
Anche in questo caso, dunque, ci troviamo di fronte a una storia alquanto inusuale. Le vicende messe in scena, dunque, sono quelle della giovane Marti, la quale, per potersi pagare gli studi, si guadagna da vivere come dog sitter. Un giorno viene affidato alla ragazza un simpatico bulldog francese, che, tuttavia, verrà ben presto rapito da un sedicente veterinario apparentemente intenzionato a farlo accoppiare.
Al via, dunque, una serie di peripezie e di imprevisti che vedono la loro maggiore riuscita in una struttura narrativa che prevede la suddivisione del lungometraggio in due parti nette: la prima ci mostra il punto di vista della giovane Marti e tutte le sue folli corse in seguito al rapimento del cagnolino; la seconda si concentra esclusivamente – tramite un flashback – sul background del rapitore stesso e su cosa lo ha portato a fare ciò che ha fatto. Il tutto che porta a un finale a tratti sì liberatorio, sì evocativo, ma anche inevitabilmente banale e fortemente prevedibile.
E, malgrado le imperfezioni, è proprio questa particolare struttura a rappresentare il punto forte dell’intero lavoro, insieme a una regia tutto sommato pulita e dinamica, senza scadere nel già visto e senza conferire al tutto un taglio prettamente televisivo, come spesso accade di vedere in parecchie commedie di produzione nostrana.
Un lavoro, il presente, che, malgrado la sopramenzionata voglia di nuovo, vede, tuttavia, non poche problematiche. E se, da un lato, siamo immediatamente rapiti dalla questione del rapimento, dall’altro ci rendiamo conto ben presto di quanto – dal punto di vista dello script in sé – la vicenda stessa sia, di fatto, piuttosto debole e facilmente dimenticabile. Malgrado anche gustosi momenti esilaranti al proprio interno.
Eppure, nonostante ciò, a seguito della visione del presente Il colpo del cane – e, ovviamente, dopo aver visto anche il precedente Guarda in alto – non possiamo non renderci conto dell’indubbia voglia, da parte di Fulvio Risuleo, di dare spazio alla fantasia e a un cinema allegro, giocoso, che, pur presentando al proprio interno una ben precisa morale, evita ridondanti argomenti già più e più volte trattati nel corso degli anni precedenti. E, si sa, di cambiamenti e di nuovi punti di vista all’interno del nostro cinema, ce n’è mai come oggi un grande, grandissimo bisogno.
Marina Pavido