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I mercenari 3

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VOTO: 7

Usato garantito

Dopo la presentazione in pompa magna al mercato dell’ultima edizione del Festival di Cannes, con tanto di sfilata a bordo di carri armati e cingolati blindati, arriva nelle sale nostrane a partire dal 4 settembre il terzo capitolo della saga de I mercenari – The Expendables. Brand, questo, che ha sbancato i botteghini di mezzo mondo con due episodi che hanno lasciato il segno nei cuori degli appassionati del genere e dei nostalgici dell’action-movie old style, che ora possono tornare ad abbuffarsi dopo un “digiuno dinamitardo” che li ha tenuti lontani dagli schermi due lunghissimi anni. Il menù offerto da Sly & Co. alla platea è lo stesso, ma di quelli ai quali non si può, o non si dovrebbe, mai dire di no, che propone ai commensali l’immancabile raffica di proiettili, colpi proibiti, inseguimenti al cardiopalma, fughe pirotecniche, fragorose esplosioni, muscoli tirati a lucido, pettorali scolpiti e battute goliardiche a sorpresa. Il tutto messo a disposizione di un cast di affezionati e new entry (Gibson, Banderas, Snipes e Ford su tutti), compreso il regista Patrick Hughes, che raccoglie il testimone dietro la macchina da presa da Simon West, a sua volta erede di Stallone al quale era toccato l’onere di  inaugurare la serie nel 2009.
Inutile ribadire per l’ennesima volta lo spirito con il quale bisognerebbe approcciarsi a un’operazione di questo tipo, per cui ci limiteremo solamente a suggerire, a coloro che si trovano per la prima volta a fare i conti con la squadra capitana da Barney/Stallone, di abbassare qualsiasi velleità autoriale o pretesa drammaturgica per lasciarsi andare al puro intrattenimento. Di originale c’è poco e niente nella tipologia di racconto, con uno script che, alla pari del primo e del secondo capitolo, non è altro che un terreno edificabile nel quale piantare le fondamenta di uno sparatutto che guarda solo alla forma e in minima parte ai contenuti. Quest’ultimi si riversano in un plot narrativamente scarno, che mescola le due trame classiche dell’action a sfondo bellico, ossia la vendetta personale alla missione di recupero in territorio ostile. Il nemico di turno arriva direttamente dal passato sotto le sembianze del trafficante di armi Stonebanks, antico alleato della squadra, oggi pericoloso “fantasma” creduto morto e incazzato quanto basta per minacciare la pace del mondo intero e l’incolumità dei suoi compagni di vecchia data, mentre l’azione si sposta dal Centro America e dai Balcani a Bucarest e dintorni.
A poco serve andare a rispolverare i capitoli precedenti, perché salvo qualche rimando a fatti e volti che si sono affacciati or sono, la storia al centro de I mercenari 3 è di quelle confezionate per permettere anche ai nuovi spettatori di tuffarsi immediatamente nello show. Da parte sua, Hughes si mette al completo servizio dell’operazione senza portare nulla di personale, se non l’esperienza maturata sui set da artigiano, e come tale assembla un film che mette insieme la componente videoludica votata al caos cinetico sposata da West con l’effetto nostalgia dei bei tempi andati tanto caro a Sly. Impossibile, in tal senso, chiudere le porte al futuro, alle nuove leve che scalpitano e alle moderne tecnologie militari che provano a farsi largo, anche se il caro vecchio Barney ci dimostrerà ancora una volta che l’usato garantito e i trucchi del mestiere non tradiscono mai quando vengono chiamati in causa (vedi ad esempio i due capitoli cinematografici di RED, con il gruppetto di ex agenti della CIA in pensione che tornano in azione).
L’anello di congiunzione resta dunque lo spettacolo a buon mercato. L’originalità risiede, piuttosto, nelle soluzioni estetiche, nella messa in scena degli imprescindibili conflitti a fuoco e naturalmente nella messa in quadro. Come da tradizione, anche Hughes preferisce i fatti alle parole e di conseguenza mitraglia sullo schermo una sequela di scene che divertono e stordiscono sin dall’incipit ferroviario che porta alla liberazione di un membro dei mercenari e alla distruzione di un carcere in territorio ex sovietico, per finire con l’adrenalinico epilogo nella città abbandonata alle porte di Bucarest, dove a risuonare sono solo le innumerevoli detonazioni, le scie sonore dei proiettili e il rimbombo dei colpi di mortaio esplosi dalle bocche di fuoco.

 Francesco Del Grosso 

   

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