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Hugo in Argentina

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VOTO: 8

Il disegnatore eroe dei due mondi

Riassunto delle puntate precedenti: CINEMA SVIZZERO A VENEZIA #10 – Winter Edition ci ha permesso di scoprire in un colpo solo i due documentari finora dedicati al grande Hugo Pratt dal cineasta ticinese Stefano Knuchel. Sul fascino (in)discreto di Hugo en Afrique (2009) ci si è già espressi. Il parto più recente del documentarista svizzero, Hugo in Argentina (2021), può vantare d’altro canto un analogo afflato mitopoietico, colto a ridosso di un’impronta estetica e narrativa che è in parte simile a quella del precedente lavoro, in parte capace di introdurre angolazioni differenti.

Ciò che non ha certo mutato indirizzo è la propensione di Stefano Knuchel per un articolato storytelling cinematografico, che qui pare arricchirsi ulteriormente di sornione divagazioni sul destino degli uomini, nonché di sfumature metafisiche che riecheggiano Borges. Del resto siamo in Argentina. E l’ormai consueta introduzione della voce fuori campo non può che spaziare in simili ambiti: “La mia memoria è racchiusa in un labirinto, o forse, è la mia memoria ad essere un labirinto… In ogni caso… In questo labirinto e anche nella memoria, mi piace vagabondare e perdermi per ritrovarmi in altri luoghi, imprevedibili e lontani.
A proposito di voci, nel sottile ordito qui presente si possono distinguere sia quella originale di Hugo Pratt, a riconferma dell’abbondanza di materiale audiovisivo valido e spesso illuminante lasciatoci dal disegnatore, sia quella in francese di un Giancarlo Giannini reclutato per l’occasione. Non nuovo, l’attore, a certi ruoli di voce narrante, si pensi ad altri documentari come l’acclamata opera prima di Giuseppe Alessio Nuzzo, Primitivamente.
Non perdiamoci però nel labirinto della cinefilia. Anche perché Hugo in Argentina (al pari del precedente lavoro… e forse persino di più) di carne al fuoco ne mette già tanta di suo: l’arrivo di Hugo Pratt a Buenos Aires intorno al 1950; il viaggio in nave assieme a tanti altri emigranti italiani, alcuni dei quali erano fumettisti come lui, in procinto di essere assunti al volo (oggi il solo pensiero suona incredibile) da case editrici di un paese in espansione pure sotto il profilo culturale; la bella vita trovata così lontano da casa; la sorpresa di avere per vicini di casa sia ebrei a caccia di gerarchi nazisti che criminali di guerra tedeschi in incognito; il longevo rapporto di amicizia e collaborazione con lo sceneggiatore di fumetti (e poi anche editore) Héctor Germán Oesterheld, destinato peraltro a una fine tragica dopo il golpe di Jorge Videla.

E poi le donne, il tango, le bevute indimenticabili coi colleghi e gli amici, l’avventurosa scoperta della Patagonia… ma soprattutto l’impegno da lui profuso per fumetti divenuti poi di culto, come quel Sergento Kirk cui lavorò a quattro mani col già menzionato Héctor Germán Oesterheld. Nota a margine: il nostro partecipò quindi al cementificarsi nell’immaginario collettivo di una meravigliosa tradizione fumettistica, quella argentina, cui anche Solanas avrebbe reso omaggio nell’iperbolico, immaginifico Il viaggio (1991). Senza tralasciare poi il radicarsi negli anni del peculiare stile di vita e di quel look sbarazzino, esibiti in svariate occasioni da Hugo Pratt, che per certi versi già anticipavano la nascita di Corto Maltese. Finanche a livello iconografico.
Cortocircuiti tra immaginazione e realtà. Esperienze di vita a dir poco formative. E sullo sfondo l’ascesa e la caduta del “peronismo”, osservate con disincanto da un Pratt che già conosceva, da italiano, i rischi di certe infatuazioni collettive. Con un’eleganza notevole nell’articolare i segmenti di docu-fiction collocati nel presente, ed un gusto già ammirato in precedenza allorché siano materiali di repertorio a essere maneggiati, Stefano Knuchel ha saputo rendere memorabile anche il secondo capitolo della trilogia da lui ipotizzata, intorno alla biografia e alle opere del celebre fumettista.

Stefano Coccia

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