Una troupe allo sbando
Cinque vite allo sbando e una grande voglia di riscatto. Cinque solitudini in un’Italia che non sembra offrire il meglio. E poi, non per ultimo, il Cinema. Il Cinema come fonte di sogni e speranze, il Cinema con il suo inconfondibile potere salvifico. Questo è ciò che il regista Simone Spada, qui al suo primo lungometraggio, ha voluto mettere in scena. E lo ha fatto dando vita al particolare Hotel Gagarin, singolare commedia che tende a staccarsi dai canoni del cinema nostrano seguendo un percorso tutto suo e senza paura di osare e di tentare il nuovo.
È così, dunque, che vengono messe in scena le storie di Elio, elettricista che non ha mai vissuto emozioni importanti nella propria vita, di Sergio, fotografo ricercato dagli spacciatori con cui è in debito, di Nicola, professore di letteratura con il sogno di diventare sceneggiatore, di Valeria, intrigante truffatrice e, infine, di Patrizia, giovane prostituta senza particolari obiettivi, ma con tanta voglia di cambiare vita. Al fine di ottenere dei finanziamenti pubblici, un finto produttore cinematografico contatterà Nicola, facendogli credere che la sua sceneggiatura è stata scelta e sta per essere messa in lavorazione. L’uomo, dopo aver contattato la sua amica Valeria, anche lei destinata a indossare le vesti di produttrice, mette su in poco tempo una bizzarra troupe cinematografica formata dai personaggi sopra menzionati, i quali, pertanto, dovranno presto partire alla volta dell’Armenia, al fine di iniziare le fantomatiche riprese. Peccato solo che il sedicente produttore scapperà presto con i soldi lasciando l’intera troupe confinata presso l’Hotel Gagarin, isolato in mezzo a una distesa di neve. Sarà proprio qui, comunque, che per tutti inizierà una nuova, inaspettata avventura.
Come possiamo immaginare anche solo da una breve lettura della sinossi, è proprio l’ambientazione uno dei cavalli di battaglia di un lungometraggio come Hotel Gagarin. Lontano dal resto del mondo e da ogni qualsivoglia forma di civiltà, l’Hotel Gagarin, anche per la sua conformazione, tanto sta a ricordare l’Overlook Hotel o addirittura il Grand Budapest Hotel. A differenza, però, dei due sopramenzionati luoghi, l’hotel in questione è il posto in cui anche i sogni più impossibili diventano realtà. Proprio come era successo a Jurij Gagarin, primo uomo ad aver volato nello spazio. È qui che, dunque, l’insolita troupe cinematografica, dopo aver capito che il film non verrà più girato, accoglie gli abitanti dei paesi limitrofi, al fine di realizzare i loro sogni. Con il prezioso aiuto della Settima Arte, s’intende. Al via, dunque, momenti di grande impatto emotivo, come l’anziano contadino che sbarca sulla Luna o i due uomini che si sfidano come Charles Bronson e Henry Fonda in C’era una volta il West. Il tutto rigorosamente davanti all’obiettivo della macchina da presa. Scene di grande potenza che vengono giustamente accompagnate da ritmi spesso contemplativi – piuttosto insoliti se si pensa alle commedie nostrane, a dire il vero – ma inaspettatamente azzeccati, che vengono spezzati solo nel momento in cui vediamo l’allegra troupe ballare e festeggiare sulle note di Samarcanda di Roberto Vecchioni.
Un interessante esordio, dunque, questo di Simone Spada. Il giovane cineasta, che nel corso della sua carriera ha lavorato a fianco di autori come Claudio Caligari, Gabriele Mainetti e Ivano De Matteo, ha dimostrato di avere carattere, oltre a una buona padronanza del mezzo cinematografico stesso. Ben vengano, dunque, nuovi modi di far ridere – e far riflettere – anche all’interno del panorama cinematografico nostrano. E poi, ammettiamolo pure, il metacinema all’interno di un’opera è sempre (o quasi) un valore aggiunto.
Marina Pavido