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Hotel Artemis

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VOTO: 5.5

L’acqua è un bene prezioso

La Settima Arte ha sempre dimostrato di avere un certo occhio di riguardo nei confronti degli hotel e delle strutture ricettive in generale. Lo certificano le miriadi di pellicole, alcune delle quali iscritte di diritto nella Storia del cinema e appartenenti ai generi più disparati, prodotte alle diverse latitudini nell’arco dei decenni, che hanno scelto proprio un albergo come ambientazione principale oppure come semplice cornice degli eventi di turno. Il numero considerevole di film, infatti, impedisce un censimento preciso, tuttavia l’individuare laddove la location è stata utilizzata in una maniera originale o quantomeno in una chiave non abusata risulta meno dispendioso. Così nel mare magnum di fotogrammi dati alla vita spunta tra le uscite della stagione balneare 2019 un’opera che quella chiave è riuscita a trovarla, peccato solo che sia stata messa al servizio di un prodotto che, come avremo modo di constatare, non brilla di luce propria dal punto di vista della scrittura. Trattasi di Hotel Artemis, l’esordio dietro la macchina da presa di Drew Pearce.
Lo sceneggiatore e produttore statunitense ha messo la sua firma su un thriller futuristico e distopico ambientato nella Los Angeles del 2028, dove un’eccentrica infermiera gestisce un pronto soccorso segreto ed esclusivo per soli criminali. Solo i membri registrati possono accedervi ma devono rispettare le regole: niente armi, nomi in codice e non si possono uccidere gli altri pazienti. Regole non scritte che ovviamente verranno violate, scatenando il putiferio anche all’interno della struttura, mentre fuori le strade del centro della metropoli sono bloccate da tafferugli e manifestazioni. Le forze di polizia della città stanno respingendo violentemente i manifestanti che si sono tinti di blu per perorare la loro unica richiesta: acqua pulita. In tutto questo inferno, si aggirano quattro uomini, con i volti coperti da maschere a teschio, che hanno appena fallito un colpo in banca finendo in uno scontro a fuoco con la polizia. Feriti e senza altre opzioni, l’unica speranza di sopravvivere è proprio quella di raggiungere prima possibile lo stabile di 13 piani, in art déco, dalla logora facciata, un tempo un prestigioso hotel ma adesso un luogo sicuro che nasconde all’attico un ospedale all’avanguardia.
Insomma, l’originalità non sta dunque nella location designata, tantomeno nella sua clientela (vedi 7 sconosciuti a El Royale di Drew Goddard), piuttosto nell’uso che se ne fa. La combinazione tra albergo e clinica clandestina è sicuramente il dato più interessante, che poi a conti fatti rappresenta il baricentro dell’operazione. Purtroppo le dinamiche narrative innescate sulla timeline non entusiasmano e non coinvolgono a sufficienza, principalmente a causa della fragilità della linea mistery che alla lunga appare esile e prevedibile, fatta eccezione per la verità sulla morte del figlio della protagonista, motivo scatenante della nascita dell’albergo e del quale ovviamente non vi riveleremo altro per non inciampare nello spoiler. Detto questo, Hotel Artemis si regge su un castello di carte di scene, schematico e basilare almeno quanto il disegno dei singoli personaggi che lo popolano, a cominciare dall’Infermiera tormentata, alcolizzata e dal tragico passato, interpretata con la solita convinzione ed efficacia da Jodie Foster. Interpretazione, questa, che non basta a tenere a galla il tutto, perché il tutto ha una serie di debolezze che assomigliano alle falle di un sistema. Fatto sta che Pearce è costretto a ripiegare sulle dinamiche dell’accerchiamento e della resistenza più o meno armata, classiche dell’home invasion. Quest’ultime consentono al regista di spingere finalmente sul pedale dell’acceleratore e consegnare alla platea qualche corpo a corpo non eccelso coreograficamente, ma comunque efficace (su tutti l’uno contro tutti di Nice nel corridoio segreto).

Francesco Del Grosso

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