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Hostage: Missing Celebrity

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VOTO: 8

Dalla fiction al mondo reale

I frequentatori della kermesse friulana hanno avuto in tal senso un punto d’osservazione privilegiato, ma c’è da supporre che anche altri in Italia se ne siano accorti: il thriller è da anni in Corea del Sud uno dei generi più vitali e continua a riflettersi in opere di notevolissimo impatto. Generalmente cruento, labirintico, critico sul piano sociale, incline a tonalità livide e a una certa crudezza nei rapporti umani, il giallo/thriller coreano è diventato col tempo una vera e propria scuola. Significativo ad esempio è che come film di chiusura del 24° Far East Film Festival sia stato scelto proprio Confession di Yoon Jong-seok. Anche se, rispetto all’entusiasmo generato in sala, ha pesato nel nostro caso il fatto di conoscere quasi a memoria Contratiempo di Oriol Paulo, thriller iberico di stampo hitchcockiano del quale Confession è il remake dichiarato.

Molto più genuino è stato, da par nostro, l’apprezzamento per Hostage: Missing Celebrity di Pil Gam-sung. Ovvero un thriller a dir poco sanguigno, in cui gli elementi meta-cinematografici fungono da valore aggiunto. Difatti la genialata di fondo è aver chiesto a un’autentica star come Hwang Jung-min, che ha interpretato film come Veteran, Goksung – La presenza del diavolo, La moglie dell’avvocato, The Unjust, Ode to My Father e Liberaci dal male, di impersonare proprio se stesso; e nella sua ricca filmografia vi sono titoli, come si può notare, del cui valore si è accorta nel tempo persino la macchinosa distribuzione italiana.
In Hostage: Missing Celebrity lo vediamo tornare, vanitoso e sicuro di sé, da un importante evento mondano, in cui la sua levatura cinematografica è stata ampiamente riconosciuta. Ma a casa sua il divo non riuscirà proprio a rientrare. E questo perché una banda di criminali tanto balordi quando spietati, attiva da tempo in città, dopo averlo preso di mira riesce infine a rapirlo. I sequestratori nel loro rifugio hanno già una donna come prigioniera, ma Hwang Jung-min diventa di colpo l’oggetto di maggior interesse, un sorvegliato a vista, naturalmente nella speranza di ottenere un cospicuo riscatto attraverso la sua liberazione. Tutto intero o magari a pezzetti.

Sadico come molti thriller contemporanei (e qui visto il tema ci è tornato in mente Secuestrados, altro lungometraggio spagnolo di buon livello firmato da Miguel Ángel Vivas), ancor più citazionista in determinati frangenti (ma persino il quasi ovvio montaggio alternato dell’operazione di salvataggio, stile Il silenzio degli innocenti, viene giocato coi tempi giusti), il plot orchestrato intorno al rapimento da Pil Gam-sung è un meccanismo perfettamente oliato, in cui trovano spazio la ruvidezza della messa in scena (con le sevizie dei sequestratori in primo piano), una serie di riferimenti meta-cinematografici che sagacemente puntano i riflettori proprio sulla reazione dell’attore alla così anomala e pericolosa avventura, ed infine un contesto sociale decisamente articolato che passa con estrema disinvoltura dai lustrini del jet-set cinematografico ai sordidi ambienti frequentati dai malviventi di turno.
Adrenalinico, claustrofobico e a tratti anche originale, Hostage: Missing Celebrity non perde un colpo dall’inizio alla fine, creando in continuazione interesse attorno alla sorte dei personaggi principali, siano essi vittime, carnefici o potenziali salvatori.

Stefano Coccia

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