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Goodbye Berlin

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VOTO: 8

Prendi una Lada e scappa

Dopo il considerevole exploit rappresentato nel 2004 da La sposa turca, la filmografia di Fatih Akin per oltre un decennio ha proposto un’alternanza continua di progetti interessanti e di prove alquanto incolori. Laddove si è tentato di replicare lo spessore de La sposa turca, vedi ad esempio il successivo Ai confini del paradiso (2006), l’esito artistico è stato il più delle volte grigio, piatto, mediocre. Molto meglio quando il cineasta tedesco di origine turca ha scelto la strada della leggerezza, dell’ironia, della commistione di generi, abbinandovi magari quella passione per la scena musicale contemporanea pronta a riflettersi in colonne sonore da urlo. Ed è fortunatamente a questo secondo “filone” che può essere apparentato il brioso e vivace Goodbye Berlin (Tschick, in originale) presentato in Alice nella Città e risultato poi una delle scoperte più piacevoli dell’intera Festa del Cinema di Roma 2016.
Raccontino adolescenziale sui generis, moderno rito di iniziazione cui partecipano due giovanissimi outsider, il film di Fatih Akin prende gli stereotipi del teen movie e del cinema ‘on the road’ rimescolandoli allegramente, nel segno di un’avventura in terra tedesca dagli sviluppi assai picareschi. E con una miriade di deliziose invenzioni narrative, a movimentare di continuo il percorso.
I due protagonisti sono in partenza assai diversi tra loro. Maik è il classico teenager solitario, problematico, che per via di interessi e atteggiamenti un po’ strambi viene considerato fin troppo “strano” dai compagni di scuola, i quali lo snobbano regolarmente. Compresa la belloccia della classe di cui Maik è segretamente innamorato, senza che lei lo inviti nemmeno alle feste! A ciò si deve aggiungere una famiglia di autentici squinternati, per quanto benestanti e apparentemente integrati: il padre è un agente immobiliare interessato soltanto a circuire la propria avvenente segretaria e ad abbellire la casa, in modi peraltro discutibili, mentre la madre è decisamente più simpatica ma di problemini non ne ha certo pochi. Il fatto che sia contemporaneamente un’appassionata di tennis e una mezza alcolizzata regala una delle scene più esilaranti del film, quella che la vede vincere un incontro usando come “integratore” una bottiglia di vodka.
A far uscire Maik dal guscio ci penserà però il nuovo alunno di origini straniere, Tschick, guardato inizialmente di traverso un po’ da tutti (Maik compreso), perché sospettato di essere un poco di buono affiliato alla mafia russa. E invece il gigantesco Tschick, alternando modi da duro a meno prevedibili uscite da bonaccione, si rivelerà una tenera canaglia, mostrando da subito una forte simpatia per l’altro ragazzo e invitandolo a viaggiare con lui, durante le vacanze estive… su una vecchia Lada rubata!

Gli sviluppi del lungo segmento on the road di questo divertentissimo lungometraggio ci hanno ricordato, per la stravaganza di fondo, il recente e non meno delizioso  Microbo & Gasolina di Michel Gondry. Ma mentre Gondry associava alla componente naif del viaggio una malinconia crescente, quasi un progressivo venir meno dell’innocenza dei due protagonisti durante il tragitto, Fatih Akin sembra puntare a una (altrettanto legittima) leggerezza, che si bea anche di location insolite (vedi ad esempio le maestose e stranianti pale eoliche, che per un po’ faranno da rifugio ai ragazzi) e di pittoresche epifanie, tra le quali meritano almeno una menzione i Nobili in Bici e l’assurda famiglia di campagnoli tedeschi coi figli tutti secchioni. Accade così che Tschick, impreziosito peraltro da una colonna sonora piacevolmente folle, sollazzi lo spettatore fino all’ultimo con trovate originali, momenti di assoluta libertà e un simpatico spirito anarcoide.

Stefano Coccia

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