Dio salvi le Giornate del Cinema Muto!
Trentotto anni non sono pochi da compiere per nessun festival cinematografico, figuriamoci per uno che può essere considerato di nicchia come quello delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone. Eppure questa piccola grande manifestazione, iniziata in provincia, a Sacile, e proseguita nel capoluogo di provincia friulano, in ogni caso una cittadina di modeste dimensioni, ha acquisito un’importanza via via crescente, assurgendo al rango di secondo più importante festival di cinema muto al mondo dopo il San Francisco Silent Film Festival. Merito in primis della Cineteca del Friuli, con sede a Gemona, in provincia di Udine, vera promotrice delle Giornate, del Direttore Jay Weissberg e di tutti i soci e i membri del comitato organizzativo.
La preziosità e la forza attrattiva della manifestazione è stata dimostrata, anche questo ottobre, dalla portata del suo richiamo, in grado di fare convenire a Pordenone studiosi di cinema, restauratori, critici e semplici appassionati da tutto il mondo, con una probabile maggioranza dagli Stati Uniti, dovuta anche alla quantità di film e cortometraggi americani proiettati. Chi scrive ha avuto l’occasione il piacere di conoscere e chiacchierare, tra gli altri, con un restauratore di film muti australiano, che si è con gioia impegnato in un viaggio a dir poco significativo e di dimensioni importanti come quello da Brisbane a Pordenone (e il tutto per miseri dieci giorni trascorsi in Italia).
Gli articoli pubblicati dalla nostra rivista hanno visto come protagoniste diverse categorie delle Giornate, come quella dello slapstick europeo, impersonata in particolare dalla discussa figura dell’artisticamente immenso Max Linder, protagonista del corto di Abel Gance Au Secours!, visionario ed immaginifico nei suoi effetti speciali, e del mediometraggio Le Petit Café, divertente, anche se a tratti malinconica, riflessione sul potere e sull’influenza del denaro. La scena è stata dominata soprattutto dalle importanti riscoperte del festival, dalla splendida Marion Davies di Beverly of Graustark che ha fatto innamorare tutta la platea del Teatro Verdi alla drammatica recitazione di Geraldine Farrar in Joan the Woman di DeMille, opera molto interessante, ma evidentemente dalla durata non per tutti facile da digerire (e qui se ne sono visti di sbadigli e, simpatici o meno, gesti d’insofferenza durante la proiezione!), passando per le risate e l’affetto per Stanlio e Ollio protagonisti di Duck Soup. Uno dei momenti più attesi delle Giornate era la proiezione del nuovo restauro di Oblomok Imperii, capolavoro che è stato possibile gustare con in sottofondo la partitura originale suonata dall’orchestra, a conferma di come l’attenzione per la più esatta ricostruzione e riproposizione dell’esperienza del cinema muto stia alla base delle fortune del festival pordenonese. Molto spazio è stato dedicato anche agli albori del western e ai suoi grandi protagonisti, principale fra tutti William S. Hart, protagonista dell’intenso The Narrow Trail, senza dimenticare altre sezioni dedicate al cinema asiatico, femminista ecc.
Insomma, un programma ricco e completo, un pubblico fedele ed entusiasta, tutti ingredienti di una ricetta riuscita e che merita di essere riproposta in tutte le sue potenzialità e, perché ciò resti possibile, deve vedersi riconfermati e possibilmente aumentati i fondi, su tutti quello regionale, quest’anno drasticamente ridotto, come denunciato amaramente dagli stessi organizzatori. Del resto, dobbiamo tutti moltissimo, se non tutto, in effetti, al cinema muto e alle invenzioni e trovate delle origini della settima arte e queste pellicole meritano tutte le attenzioni e le cure del caso, nonché naturalmente di essere riproposte e proiettate in un sempre maggior numero d’occasioni. Di questo debito è ben consapevole uno dei registi del momento, quel Todd Phillips autore di Joker che ha scelto di fare ricalcare al suo protagonista, interpretato da un incredibile Joaquin Phoenix, le movenze e la mimica del Charlot di Chaplin, non a caso omaggiato esplicitamente all’interno del film con l’ambientazione di una scena all’interno del teatro di Gotham City dove si sta proiettando nientemeno che Modern Times. Una vittoria, nemmeno così tanto silenziosa, dati gli incassi al botteghino e il Leone veneziano, anche per il cinema muto.
Marco Michielis
Riepilogo recensioni per sezione da Le Giornate del Cinema Muto 2019
Slapstick europeo
Le Petit Café di Raymond Bernard
Au Secours! di Abel Gance
Duck Soup di Fred Guiol
Cinema delle origini
The Narrow Trail di William S. Hart
Riscoperte
Beverly of Graustark di Sidney Franklin
Il canone rivisitato
Joan the Woman di Cecil B. DeMille
Eventi speciali
Oblomok Imperii di Fridrikh Ermler