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Furiosa: A Mad Max Saga

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VOTO: 7.5

Il nuovo capitolo della saga di Mad Max porta la narrazione in una direzione diversa

La terra devastata dalla terza guerra mondiale e dalla carestia, il mondo crepuscolare e disperato creato da George Miller fin dai tempi di Interceptor (1979), è un’arida distesa desertica dove regnano follia e orde di famelici criminali. Nell’Australia arsa da un calore perenne esistono però pochissime oasi di verde, minuscoli Eden che, se venissero scoperti dalle persone sbagliate, finirebbero saccheggiati, depredati come qualsiasi altra scarsa risorsa rimasta. La piccola Furiosa (interpretata nella prima parte da Alyla Browne, ma è Anya Taylor-Joy a dare il volto alla guerriera adulta) cresce in uno di questi nascosti paradisi quando un giorno, mentre raccoglie dei frutti, nota degli intrusi, dei motociclisti sconosciuti. Da questi viene avvistata e rapita, non prima di essere riuscita ad avvertire il villaggio del pericolo. Sua madre si mette precipitosamente sulle loro tracce, abbattendo uno dopo l’altro i predoni e seguendoli fino ad un accampamento dove Dementus, un capo lunatico e sadico (Chris Hemsworth), affascinato dal carattere ribelle della bambina, cerca di carpirne l’esatto luogo di provenienza. Troppo difficile l’operazione di salvataggio: Furiosa vede la propria mamma massacrata, ma almeno la posizione del loro villaggio rimane un segreto. Di lì in poi la ragazza cresce assieme all’orda, ne impara i crudeli rituali e nota le ambizioni di Dementus crescere a dismisura, fino a tentare di assaltare La Cittadella, la roccaforte di Immortan Joe, il temibile dittatore già conosciuto nel film precedente. Anch’egli è stupito dall’aspetto di Furiosa, femmina in buona salute e per cui promettente futura moglie da inserire nel proprio harem. Pretende allora che questa gli venga offerta in cambio di una tregua con Dementus, al quale invece viene affidata Gastown, la fortezza che produce il carburante per tutte le Terre Desolate. Da qui in poi la vita della giovane si fa sempre più dura finché, dopo alterne vicende, essa diviene il braccio destro di Jack, leggendario pilota che si occupa di quei convogli commerciali che osano sfidare le bande di saccheggiatori, sciacalli perennemente in agguato fra le sabbie. Gli anni passano e Furiosa può cominciare a pianificare una fuga definitiva verso il suo mai dimenticato luogo di nascita. Non prima però di aver finalmente assaporato la vendetta nei confronti di Dementus, per cui nutre un odio ormai antico.
Furiosa: A Mad Max Saga è di fatto un prequel di Mad Max: Fury Road (2015), di cui è sostanzialmente il lunghissimo antefatto, questo film risulta esserne quasi l’opposto. A un decennio di distanza, quello che era un visionario, palpitante incubo di cromature, motori, gas di scarico, fiamme e incessanti battaglie su strada, diventa qui un graduale susseguirsi di alleanze e tradimenti, suddiviso in cinque capitoli che conducono alla vendetta finale: un approccio narrativo mai visto in questa saga ultradecennale, che sembra trasformare la pellicola in una sorta di Milleriana versione del Kill Bill di Tarantino. E, altra novità nell’universo di Mad Max, forse è la prima volta che l’autore australiano dedica così tanto tempo alla spiegazione della parte politica, a dipingere con tanta dovizia di particolari lo scenario in cui si muovono i suoi personaggi. Le tre fortezze delle Terre Desolate (“Wastelands”), chiamate La Cittadella, Gastown e Bullet Farm, rappresentano infatti i vertici di un triangolo che è a tutti gli effetti un microcosmo di miserie umane: ognuna di esse è indispensabile alle altre due eppure incapace di sopravvivere da sola. Si tratta di un equilibrio fatto di pura necessità che impedisce agli spietati capi di divorarsi a vicenda. Solo un folle come Dementus (appunto…) può pensare di poter estendere il suo dominio su tutte, preso com’è dai suoi deliri di onnipotenza, atteggiandosi quasi a principe dell’antica Roma mentre gira con una improbabile biga trainata da moto. La guerra, che ci viene ricordato dalla voce narrante (elemento ricorrente nella saga di Mad Max) è un fattore eterno ed imprescindibile della storia umana, sta per divorare quel poco che gli afflitti superstiti cercano comunque di spartirsi. Ma nel fuoco del conflitto l’imprevisto è rappresentato proprio da Furiosa, cresciuta tra le perverse politiche delle fortezze eppure mai parte di esse, elemento integrale di quella società e al tempo stesso un’aliena che desidera fare ritorno al suo mondo. Forse è proprio per questo che sa sopravvivere a qualsiasi prova, a qualsiasi crudeltà che le viene inflitta, a qualsiasi orrore che le capita di osservare. Ma per seguire ben quindici anni di tale storia, probabilmente più di uno spettatore dovrà armarsi di pazienza, perché stavolta Miller fa il contrario di quello che aveva fatto in Fury Road: non preme a tavoletta sull’acceleratore, non fa ruggire i motori dei suoi mostruosi veicoli, ma si prende i suoi tempi, rallenta e in qualche caso possiamo dire che addirittura indugia. Due ore e mezza sono tante e, soprattutto nella prima parte, si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad una sceneggiatura prolissa, che si faccia una certa fatica ad andare al sodo. A conti fatti, è chiaro che qui si cerca di dare spessore, di costruire un robusto arco narrativo per un personaggio che, certamente, aveva destato grande curiosità e che ha tanto da raccontare. E’ altrettanto evidente che l’autore è entusiasta di Furiosa e che per raccontarla come crede deve faticare, visto che invece per “Mad” Max Rockatansky, per buona parte degli anni Ottanta, ha potuto contare su ben tre film e un attore come Mel Gibson, mentre in Fury Road la parte di Max è toccata a Tom Hardy. E a proposito, lì fu il volto di Charlize Theron ad introdurre Furiosa, quindi Anya Taylor-Joy, la cui popolarità è certamente esplosa grazie alla serie Netflix La regina degli scacchi (2020), qui deve farsi valere: ci riesce soprattutto grazie ad una espressione dura, ad un’aria costantemente torva che riflette la rigidità del carattere da guerriera, una necessaria protezione dietro cui si cela una sensibilità che, giustamente, traspare in appena una scena durante tutto il film.
Una storia lunga, dunque, in cui ogni capitolo è quasi un racconto a sé stante, un episodio di una vita che si desidera a tutti i costi raccontare in un solo titolo. Gli scontri, i duelli, la violenza, sono spesso mostrati in modo distante, in termini volutamente anticlimax (inclusi gli ultimi minuti), proprio a voler portare gli spettatori su un altro piano descrittivo, spostando l’attenzione sulle interazioni dei protagonisti, sulle loro motivazioni. Niente paura però: proprio nella parte centrale George Miller ricorda a tutti chi è e cosa è la spaventosa guerra della strada, riuscendo a girare uno scontro formidabile, di quelli che ci si può aspettare nella saga di Mad Max e che, anche stavolta, tiene incollati allo schermo togliendo il respiro. A nostro parere avercene di registi in grado, alla soglia degli ottant’anni, di cesellare una sequenza del genere!
Insomma, siamo nel mondo disumano che gli appassionati conoscono da decenni, anche se stavolta manca Max. Siamo nel solito, arido deserto che è il teatro di battaglie sanguinose, di morti orrende e di macchine assurde quanto possenti e letali. Eppure sembra a tratti di avere davanti qualcosa di differente, che forse avrebbe giovato di una mezz’ora in meno saltando qualche passaggio e che comincia a funzionare davvero solo nella seconda parte. Si dirà che tale lunghezza è necessaria a raccontare compiutamente la figura di Furiosa, che non ha alle sue spalle altri titoli che hanno spiegato la sua tormentata esistenza, eppure, nonostante tutto, qualche interrogativo rimane ancora. Chissà forse potremo rivederla in futuro.
Di sicuro, senza alcun dubbio, rimane l’innegabile capacità di mostrarci immagini potenti, grandiose quanto terrificanti, con una straordinaria abilità di curare ogni dettaglio di questo delirante scenario distopico: una creazione artistica unica, che atterrisce e che fa parte della cultura cinematografica mondiale. La produzione di George Miller è lunga, ricca di successi, ma il suo grande talento è indissolubilmente legato a questa saga che ha egli stesso creato e fatto crescere con ogni capitolo, una visione raccapricciante di un futuro lontano ma sempre disturbante nella sua perseverante, ammonitrice plausibilità (soprattutto con i tempi che corrono).
Può non essere la saga di Mad Max che vi aspettate, ma vale ancora la pena accendere i motori e affrontare i deserti roventi di questo mondo morente.

Massimo Brigandì

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