L’odissea di una pendolare
È stata una delle sorprese della 78esima edizione della Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica, laddove ha realizzato una meritata doppietta nella sezione Orizzonti aggiudicandosi i premi per la migliore interpretazione femminile e quello per la miglior regia. Effettivamente ripensando al palmares della kermesse lidense, quelli conquistati da Full Time – Al cento per cento mettono in evidenza due dei punti di forza dell’opera seconda di Eric Gravel. In tal senso la pellicola del cineasta francese, nelle sale nostrane a partire dal 31 marzo con I Wonder Pictures, deve moltissimo della sua riuscita al lavoro dietro e davanti la macchina da presa. L’alchimia e l’unione tra queste due componente hanno fatto in modo che la scrittura al momento della sua messa in quadro salisse ulteriormente di livello, acquistando ancora più potenza, carica emotiva e peso specifico. È come se l’involucro chiamato ad avvolgere il nucleo narrativo e drammaturgico lo avesse da prima accolto, poi accudito e infine fatto crescere quel tanto da renderlo ancora più maturo e incisivo.
Full Time – Al cento per cento è il risultato di questa gestazione, alla quale hanno preso parte e contribuito in egual misura lo stesso Gravel con una regia e una direzione di grande efficacia e impatto, e la sua protagonista, una Laure Calamy in stato di grazia. Lei si carica letteralmente sulle spalle il film e il personaggio che le è stato affidato, con tutte le difficoltà del quotidiano, gli stati d’animo cangiati e la sofferenza del mal di vivere che la travolgono nei dieci giorni di passione che si trova suo malgrado ad affrontare. Giorni di passione che la vedono protagonista di una vera e propria odissea, quella di una pendolare alle prese con un persistente e feroce sciopero dei trasporti che paralizza la Francia. L’attrice transalpina, qui nel ruolo della vita che le consente di mettere la firma sulla sua interpretazione più convincente e intensa, si cala nei panni di Julie, una ultra-quarantenne divorziata, madre di due bambini, che fa di tutto per crescere i suoi due figli in campagna e mantenere il suo lavoro in un hotel di lusso parigino, senza rinunciare a nulla di ciò che le riempie la vita. Quando finalmente ottiene un colloquio di lavoro per una posizione ambita da tempo, scoppia uno sciopero nazionale che manda in tilt il sistema dei trasporti pubblici. Il fragile equilibrio che la donna ha creato viene di conseguenza messo in pericolo e per salvarlo decide di lanciarsi in una frenetica corsa contro il tempo.
Proprio il ritmo forsennato del montaggio, con il piede costantemente pigiato sull’accelerato e pochissimi pit stop lungo la timeline per rifiatare, rappresenta il motore portante della narrazione. La cinepresa si attacca con le unghie e i denti alla protagonista per tutto il tempo, affiancandola come fosse una fedele e sventurata compagna di viaggio in uno snervante tour de force quotidiano. Ne scaturisce una fruizione in apnea, con e attraverso la quale l’autore restituisce sullo schermo l’odissea umana, familiare e lavorativa di una donna come tante che insegue una vita migliore per sé e per i suoi figli. In tal senso, Gravel riprende tematiche lavorative che intrecciano quelle esistenziali come già avvenuto nel precedente Crash Test Aglaé, una fiaba moderna sulla globalizzazione che si rivela un road movie sulla via dei sogni. In Full Time – Al cento per cento cambia totalmente il registro, passando dai toni della commedia a quelli del dramma, ma conservando la centralità della figura femminile e il respiro del cinema itinerante.
Strizzando un occhio ai Dardenne e l’altro a Loach, il regista francese affonda le radici nel sociale , restituendo allo spettatore uno spaccato di realismo potente e di grande intensità. Intenso e potente come l’interpretazione della Calamy, che nei panni di una madre-coraggio che ricorda quelle protagoniste di In questo mondo libero… e Sole cuore amore. È lei a fare la differenza in un film che con il suo contributo alla causa lascia ancora di più il segno. Ed è sempre lei a fare alzare e abbassare la temperatura emotiva, a modularne il flusso con un assolo che regala alla platea momenti davvero toccanti.
Francesca Del Grosso