Da Facebook con (moderato) terrore
Se è vero che i social network possono creare dipendenza – e magari distorcere un tantino la percezione della realtà effettiva nella psiche di chi vi trascorre ore ed ore ogni giorno – risulta abbastanza consequenziale il fiorire di film horror che prendano spunto da ciò per “esplorare” le derive oscure dell’argomento.
Due significative novità contraddistinguono però questo Friend Request, diretto dal tedesco in trasferta ambientale americana Simon Verhoeven (nessun grado di parentela con il ben più famoso regista olandese Paul ma in compenso figlio dell’attrice austriaca Senta Berger, celebre anche in Italia negli anni sessanta-settanta). La prima, forse la più sorprendente di tutte, è che nella produzione del film non c’è la mano di Jason Blum e della sua Blumhouse, fatto che lo mette già in posizione di vantaggio. Poi non è girato in point of view come il quasi coevo Unfriended, radicale solo nella scelta di adottare come unica location simbolica la schermata di un personal computer. In questo caso il film di Verhoeven si sviluppa in modo tradizionale, con il social network più popolare – Facebook, appunto – a fungere da veicolo di paura alla maniera del telefono in The Ring nella versione giapponese o americana che dir si voglia. E, terzo ma non necessariamente ultimo ingrediente inaspettato, qualcosa in Friend Request funziona anche ad un livello che non sia quello superficialmente narrativo. Alcuni personaggi, soprattutto nel prologo sono discretamente scandagliati nelle rispettive psicologie e qualche osservazione “sociologica” sulle perverse dinamiche del social in questione riesce persino a laciare un quelche segno nello spettatore.
Ci troviamo ovviamente in college universitario, luogo tra i prediletti del genere. Un professore annuncia contrito la morte per suicidio di una studentessa. Nella prima parte si ripercorre a ritroso il rapporto che legava la ragazza defunta – tale Marina, tipino decisamente dark ma di affascinante creatività almeno in apparenza; si scoprirà poi in possesso di caratteristiche alquanto diaboliche – alla bella Laura (attenzione ad Alycia Debnam-Carey della serie televisiva Fear the Walking Dead, volto da tenere d’occhio per il futuro), ragazza tra le più cool dell’università. Senza aggiungere oltre nel racconto di una prevedibile trama da revenge movie in chiave orrorifica, spicca nel lungometraggio una sensazione quasi tattile di solitudine, con una descrizione sufficientemente accurata dei meccanismi che regolano appartenenza ed esclusione dal “gruppo”, dal look esteriore fino al computo delle amicizie su Facebook. La sensazione percepita è dunque quella di un’esistenza edificata su fondamenta virtuali in ogni senso, pronte ad essere terremotate dall’ancorché minimo incidente di percorso. Il quale, nello specifico caso, riguarda l’impossibilità di controllare in qualsiasi modo il proprio account di Facebook. Spunto beffardo ed anche sadicamente divertente, se non fosse che Friend Request – La morte ha il tuo profilo (come da sottotitolo aggiunto nella versione italiana) si adagia in maniera un po’ troppo palese su modelli derivativi nei suoi sviluppi narrativi inerenti al genere di appartenenza. Molte influenze passive – cioè esclusivamente formali – da J-Horror e poca fantasia in uno script che tra scontate maledizioni occulte e possessioni demoniache si fa cammin facendo sempre più confuso, inficiano non poco il risultato finale, peraltro suggellato da un epilogo sicuramente prevedibile ma dal sapore acre e beffardo.
Nulla di particolarmente entusiasmante, insomma, sotto i primi caldi di un’estate che si annuncia torrida; e tuttavia gli amanti del genere qualche sano brividino in Friend Request potrebbero anche trovarlo, a patto di riuscire farsi largo tra i luoghi comuni del genere e cercare con attenzione ciò che ogni horror degno di questo nome dovrebbe fare per assolvere il proprio compito: fornire cioè le coordinate “sociologiche” di una situazione assai predisposta a sfuggire di mano. Gli adoratori di Mark Zuckerberg nonché utenti ad oltranza di Faccialibro sono avvertiti; e speriamo pure mezzi salvati…
Daniele De Angelis