La Creatura, nel Bene e nel Male
Prima blandita, poi umiliata, deturpata, abbandonata al proprio destino da due frettolosi demiurghi, la Creatura continuerà per un po’ a (r)esistere. Fino ad acquisire una parziale coscienza di sé. Ma certe scoperte sono troppo amare, perché ad esse si possa sopravvivere.
Scelto per la serata inaugurale di Science + Fiction, il Frankenstein di Bernard Rose poteva destare qualche perplessità, almeno sulla carta, riguardo alla reale necessità di aggiornare per l’ennesima volta uno dei miti più duraturi del cinema horror. Ci ha pensato lo stesso regista a spazzare via alcuni di questi dubbi. Prima che il film iniziasse, è stato infatti proiettato un videomessaggio di Bernard Rose molto interessante nell’indirizzare la lettura della sua opera cinematografica come ritorno allo spirito originario del capolavoro letterario di Mary Shelley, incentrato più di gran parte delle trasposizioni filmiche sui dilemmi e sulle tare esistenziali della Creatura. Se a ciò aggiungiamo che il cineasta britannico ha fatto capire, ammiccando, che di scene truculente e “gore” non si sarebbero fatto comunque a meno, ci è balenata in testa la possibilità che forse si andava incontro davvero a un film ben bilanciato, tra la ricerca di un diverso spessore filosofico e l’enfasi giusta nel sottolineare l’impatto sconvolgente e sanguinolento di certe scene.
Così è stato. Questa nuova versione di Frankenstein si apre con una “nascita” della Creatura che non è il solito rianimare pezzi di carne morta, ma il concedere un primo soffio vitale al frutto di un ardito esperimento biologico, ribattezzato Adam, che viene portato in vita con un corpo adulto apparentemente sanissimo e una coscienza ancora embrionale, paragonabile forse a quella di un neonato. Ma la coppia di scienziati che ha portato avanti il progetto, novelli Frankenstein, farà presto a rendersi conto di aver agito precipitosamente, nello sfidare le leggi della Natura. Le cellule di Adam cominceranno di lì a poco a corrompersi, trasformandolo progressivamente in un freak spaventoso, che la coppia ripudierà. Sopravvissuta a un tentativo, ferocemente vendicato, di eliminarne il corpo, la Creatura comincerà a vagare nella California di oggi frequentando i bassifondi e tentando di imitare, in qualche modo, lo stile di vita delle altre persone. Ma ogni gesto violento o semplicemente sgradevole degli umani verrà punito da Adam, la cui coscienza si muove ancora in un territorio perlopiù ignoto, con reazioni di una ferocia estrema, raccapricciante.
L’impostazione scelta per il racconto da Bernard Rose ha un esito notevolissimo, sia nel giocare con elementi orrorifici dalla resa così esplicita e a tratti scioccante, sia nel parafrasare con intelligenza e sensibilità i passaggi più tradizionali della Storia (vedi l’incontro della Creatura con la bambina), sia nel cogliere gli interrogativi più moderni del romanzo di Mary Shelley rapportandoli poi bene all’attuale panorama della bioetica e delle persistenti domande sull’intelligenza artificiale.
Ciò non bastasse, azzeccatissime anche le scelte di casting. Come sempre di gran livello le presenze di Danny Huston e Carrie-Ann Moss, qui nei panni di Victor Frankenstein e consorte. Ma è Xavier Samuel, tra le poche vere scoperte attoriali attribuibili alla saga di Twilight, la rivelazione assoluta: grande la sua intensità nell’interpretare la creatura, sia sul piano fisico che emotivamente.
Se possiamo attribuire un difetto al film di Bernard Rose, coincide senz’altro con la risoluzione un po’ affrettata (e magari discutibile, come concatenazione di eventi) del drammatico ricongiungimento di Adam con i suoi artefici. Ma questo non inficia il valore di un lungometraggio che rilancia alla grande, peraltro, il percorso creativo di un cineasta cui dobbiamo titoli come La casa ai confini della realtà e Candyman – Terrore dietro lo specchio.
Stefano Coccia