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Fuoco fatuo

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VOTO: 7

Il corpo dei pompieri

Arriva alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2022 anche João Pedro Rodrigues, regista cult portoghese che si è fatto conoscere con Il fantasma, film presentato a Venezia che ebbe anche, incredibilmente, una distribuzione italiana, e che non passava da un grande festival dai tempi di O Ornitólogo, miglior regia al Locarno Film Festival del 2016. Da allora ha fatto qualche corto, opere senza dubbio minori come del resto lo è anche Fogo-Fátuo, il titolo presentato alla Quinzaine. Quest’opera rappresenta una nuova declinazione della poetica ecologica LGBT di Rodrigues, che vede nella natura incontaminata il terreno vocato alla liberazione dei sensi e della sessualità, il luogo dove spogliarsi di ogni inibizione che attiene al perbenismo della civiltà borghese. Fogo-Fátuo parte da un elemento di degrado ecologico, equivalente alla discarica di Il fantasma, ovvero la piaga degli incendi boschivi che colpisce il Portogallo come tanti paesi mediterranei. In quello che è, in tutto e per tutto, un divertissement impudico e provocatorio, Rodrigues sogna una caserma dei vigili del fuoco, i difensori e gli angeli custodi dedicati alla tutela del patrimonio forestale contro la minaccia degli incendi, come un’alcova di libertinaggio omosessuale.
Ancora una volta centrale è il conflitto tra natura e cultura, laddove la seconda è rappresentata dalla severa e pomposa dimora di un monarca. Il film si apre nel futuro, nel 2069, sul letto di morte di un re, in interni lussuosi, stuccati e decorati con i famosi azulejos, le piastrelle portoghesi. Viene rievocata la vita del sovrano e un particolare momento della sua gioventù, ai nostri tempi, in cui il rampollo della dinastia reale voleva diventare un pompiere, proprio perché sensibilizzato dall’emergenza incendi. C’è ironia in questo momento nella visione di João Pedro Rodrigues: il principino declama quelle dottrine di Greta che vanno tanto di moda tra i giovani. Una sensibilizzazione ancora di facciata, la vera coscienza ambientalistica non potrà che maturare, per il protagonista, con l’abbandono vero e totale alla natura, ai sensi, alla carne, nell’accettazione della propria omosessualità. Per arrivare alla conoscenza, intesa in senso biblico, come quella che per Sant’Antonio di O Ornitólogo passava per l’abbandono carnale con un pastorello, passaggio di un percorso di santificazione. Può sembrare blasfemo nella nostra accezione contemporanea, ma basterebbe leggere i vangeli apocrifi per capirne il significato. Si tratta poi di quella stessa conoscenza biblica che l’ospite del pasoliniano Teorema induce in tutti i membri della famiglia borghese.
Una semplice fantasia musicale dichiara di essere, già nell’incipit, questa operina di Rodrigues. Fatta di canzoni, canzoncine per bambini, musica pop, fado e Mozart, personaggi che guardano impunemente in camera. Eppure l’autore lusitano afferma ancora una volta uno scoperchiamento di miti, una riappropriazione in chiave di cultura queer di una serie di simboli istituzionali di un paese che è uscito dalla monarchia nel 1910, ma che soprattutto è uscito da un altro regime autocratico, la dittatura di Salazar, solo nel 1974. Era ancora bambino Rodrigues, quando avvenne e l’autore ha fatto in tempo a vivere in epoca fascista. Il trionfo dei sensi omosessuale, quanto di più proibito e considerato osceno, spesso anche in democrazie liberali, diventa così il trionfo della libertà e dei diritti civili universali, il getto di champagne che sgorga dopo che la bottiglia è stata finalmente stappata. Tutto passa attraverso quello. E in tal senso sono da interpretare quelle simulazioni, in chiave di pornografica gay con avvinghiamenti da capoeira, di dipinti di autori che pure non sono ricordati come esempi di conformismo, da Caravaggio a Bacon. Non di semplice iconoclastia si tratta, quanto di una visione sessualizzata, fallica che permea tutto. Lo stesso amore per la natura e gli alberi passa per la loro assimilazione a simboli fallici. E ancora in tal senso va visto il riferimento alla pelle nera. Dai neri raffigurati negli affreschi della stanza del re, simbolo del colonialismo di cui il paese si è macchiato per buona parte della sua storia, al conturbante pompiere di colore che diventa amante del principino, l’uomo con cui scopre l’amore. Il fuoco è anche quello della passione che esplode in gioventù, ma che si rivelerà presto un qualcosa di effimero, come le libertà civili in attesa di una prossima restaurazione.

Giampiero Raganelli

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