“Talian” Story
Col portoghese relegato quasi sullo sfondo, è un’affascinante scoperta linguistica ad accompagnare qui il pubblico, accarezzandolo quasi con quelle sonorità vagamente familiari e di sicuro suadenti, lungo tutto l’arco della narrazione: in Until the Music is Over (Até que a Música Pare/ Fino alla fine della musica, 2023) di Cristiane Oliveira, co-produzione tra Brasile e Italia cui ha offerto il suo contributo sia a livello produttivo che attraverso una partecipazione speciale Nicolas Vaporidis (il quale ha di recente dichiarato di voler lasciare il cinema per dedicarsi completamente alla ristorazione: potrebbe quindi essere una delle sue ultime apparizioni sullo schermo), diverse scene sono recitate in “talian”. Specie i dialoghi tra i personaggi più anziani. Ma cosa sarà mai codesto talian, di cui ignoravamo fino ad ora l’esistenza? Grazie alla didascalia posta all’inizio del lungometraggio l’arcano è presto svelato: “Parte dei dialoghi di questo film sono in talian, una lingua brasiliana ufficialmente riconosciuta nel 2014 e formata dall’incontro tra il portoghese e la lingua degli immigrati del nord Italia, arrivata in Brasile nel XIX secolo.”
Con buona pace della componente lusitana/carioca, in certi momenti pare proprio di sentir parlare veneto…
Quello linguistico non è comunque l’unico elemento interessante dell’opera. All’ultima edizione del Bergamo Film Meeting, dove Fino alla fine della musica era in concorso, la giuria ha voluto conferirgli il Premio per la Miglior Regia motivando così tale scelta: «Cristiane Oliveira concepisce un inedito slow road movie: una coppia di anziani e una testuggine d’acqua a bordo di una vecchia Ford del Rey familiare si muovono al confine tra Brasile e Argentina, tra risonanze linguistiche provenienti da terre tra loro lontane (portoghese misto a dialetto veneto) in squilibrio tra location e corpi reali, da una parte, e finzione, dall’altra. Until the Music is Over è un viaggio a cavallo tra verità storica e sospensione magico-religiosa, in un mondo che ci risulta familiare ed estraneo allo stesso tempo, e che alla fine intercetta la vita nella sua purezza».
Anziana ma incredibilmente coriacea è la protagonista del film, Chiara, matriarca di una famiglia originaria del Veneto ed emigrata in Brasile. Coi figli andati a vivere nelle vicinanze tranne quello più problematico, ma mentalmente libero, scomparso da poco in un incidente, Chiara si decide finalmente a rompere la solitudine accompagnando il burbero marito Alfredo nelle sue attività da “commesso viaggiatore: un continuo andare avanti e indietro in macchina tra scalcinati baretti e altri locali della Serra Gaúcha, da rifornire periodicamente di generi alimentari, oggetti da bagno, carte da gioco e quant’altro. Ma questa ritrovata, precaria armonia sarà motivo per la vecchia coppia di altre scoperte, non sempre gradevoli. Un percorso, il loro, affrontato comunque in compagnia di una piccola tartaruga, capace con la sua presenza di traghettarli, a tratti, da un cattolicesimo vissuto come abitudine e in modo opprimente a nuove idee sul karma, sull’immortalità dell’anima e su una spiritualità più libera di matrice orientale, che Chiara stessa ha appena cominciato a conoscere grazie ai racconti di un giovane in visita dall’Italia.
Muovendosi con un mix di ironia e sentimento tra queste piccole storie, esplorando con discrezione l’ambiente rurale che circonda i protagonisti, Cristiane Oliveira ha saputo rapportarsi con molto tatto a un Brasile per certi versi inedito, sconfinando in pochi ma significativi momenti in una sorta di realismo magico capace di creare atmosfere sospese, intime, uniche nel loro genere.
Stefano Coccia