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FilmMaker International Film Festival 2016: bilancio

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Realtà a tutti i costi

Si è chiusa il 4 dicembre nella sala 1 dell’Arcobaleno Film Center di Milano, con l’anteprima di L’amatore, la 36esima edizione del FilmMaker International Film Festival. Noi c’eravamo, ma per motivi di sovrapposizione con altri eventi del circuito festivaliero nostrano andati in scena nello stesso arco temporale, abbiamo preferito attendere il fotofinish per dargli il giusto spazio. Con i titoli di coda della pellicola di Maria Mauti è calato anche il sipario sulla manifestazione meneghina, che aveva aperto i battenti lo scorso 25 novembre, sempre nella multisala di Via Tunisia, con il controverso e discusso Nocturama di Bertrand Bonello. Nel mezzo una dieci giorni ricca di appuntamenti e proiezioni, consumata in una multi-programmazione che ha riservato piacevoli sorprese e più di un sold out nell’altra sala coinvolta, ossia quella dello Spazio Oberdan
Per coloro che non la conoscessero facciamo un brevissimo excursus informativo. Al centro della manifestazione, come sempre, il cinema documentario e – più in generale – “di ricerca”: un’identità netta e riconoscibile che da quasi quarant’anni fa di FilmMaker, all’interno dell’affollato panorama nazionale festivaliero, un punto di riferimento certo per chi vuole scoprire e sostenere nuovi autori, nuove forme cinematografiche, nuove relazioni con il pubblico. E non è un caso che tra i “nuovi” autori portati per la prima volta all’attenzione degli spettatori italiani negli scorsi decenni, figurino nomi diventati col tempo degli autentici “classici”, da Rithy Panh a Errol Morris, da Frederick Wiseman a Ulrich Seidl. Ed è a quest’ultimo che gli organizzatori hanno dedicato un breve omaggio, che ne ha rievocato dall’alfa all’omega la straordinaria carriera: dalle due rare opere degli inizi (l’esordio Einsvierzig, 1980, subito accusato di “Sozialpornographen”, e Der Ball, 1982, che gli “valse” l’allontanamento dalla Vienna Film Academy) al suo ultimo lungometraggio, Safari, che mostrando le vacanze africane della classe media austriaca e tedesca offre una riflessione – come sempre sconvolgente – sui mai sopiti istinti coloniali europei. Una mini retrospettiva, questa, che ha riportato fisicamente Seidl in quel di Milano per incontrare, nel pomeriggio di venerdì 2 dicembre, il nutrito pubblico accorso.
Nutritissima e piena sino ad ogni ordine di posti anche la proiezione serale di domenica 27 novembre di Ombre dal fondo che, dopo l’anteprima lidense alle Giornate degli Autori, è sbarcato nel capoluogo lombardo. Presentato Fuori Concorso, il documentario firmato da Paola Piacenza con protagonista Domenico Quirici, che racconta in prima persona l’odissea siriana del grande reporter de La Stampa, è stato tra gli appuntamenti più interessanti ed emozionanti di questa 36esima edizione. Emozioni e applausi che non si sono fatti attendere nemmeno al termine degli ultimi fotogrammi di Une jeune fille de 90 ans di Valeria Bruni Tedeschi e Yann Coridian, anch’esso inserito fuori concorso e due giorni dopo vincitore del premio come miglior documentario internazionale alla 15esima edizione del Rome Independent Film Festival. La sezione non competitiva ha poi offerto alle platee di turno anche altre prime milanesi, tra cui quelle di Sarah Winchester, Opéra Fantôme di Bertrand Bonello e del mockumentary Chi mi ha incontrato, non mi ha visto di Bruno Bigoni, entrambi reduci dal passaggio sotto la Mole nel gigantesco cartellone del Torino Film Festival. E non competitiva è stata anche la neonata sezione Natura Selvaggia, uno spazio di indagine su una “tendenza” significativa del cinema contemporaneo, sempre più propenso a cercare per i suoi personaggi possibili vie di fuga esistenziali in luoghi non civilizzati ma tutt’altro che remoti. Due i titoli in programma: il vincitore del premio per la regia al Festival di  Locarno O Ornitologo del portoghese João Pedro Rodrigues, che si diverte a giocare con simbologie religiose e mitologie gay reinterpretando in chiave visionaria e surreale la vita di Sant’Antonio; e Mata Atlantica di Nicolas Klotz ed Elisabeth Perceval, che ci immerge nella foresta del titolo, in passato una tra le più estese di tutto il Sud America, di cui oggi non restano che pochi frammenti come il Parque Trianon nel cuore di San Paolo.  Ma torniamo alla serata conclusiva, riavvolgendo il nastro sino al 4 dicembre per darvi conto dell’ultimo atto della kermesse, vale a dire la cerimonia di premiazione che ha visto le due giurie coinvolte assegnare i vari riconoscimenti nelle due sezioni competitive. Nel Concorso Internazionale, dove figuravano dodici opere, senza distinzioni di formato, genere o durata, firmati tanto da giovani autori quanto da nomi di primo piano del panorama cinematografico mondiale (tra cui Claire Simon con Le Concours, già vincitore del premio come miglior documentario sul cinema all’ultima Mostra di Venezia; Wang Bing con Ta’ang; e Philip Scheffner con Havarie) il premio per il miglior film è andato a The Dreamed Ones di Ruth Beckermann: un “film parlato” in cui l’amore tra i due poeti Ingeborg Bachmann e Paul Celan si specchia nel rapporto tra un attore e un’attrice che nello studio di registrazione di Funkhaus, a Vienna, leggono quei testi, conversano, fumano, sembrano corteggiarsi. Forse è l’epistolario a condizionarli, o forse è proprio il sentimento che provano a permettere loro di trovare il giusto respiro per far vibrare quelle parole. Il secondo gradino del podio è andato invece a Deborah Stratman e al suo The Illinois Parables, un documentario sperimentale che ripercorre eventi, piccole e grandi tragedie che, dalla fine del Settecento a metà anni ’80 del XX secolo, hanno segnato il Paese: un compendio di storia illustrata (il film è infatti composto di acqueforti, dagherrotipi, articoli di giornale, fotografie; e poi ancora frammenti di cinema, murales, graffiti), un diorama che diventa l’occasione per riflettere sull’evoluzione delle tecniche di rappresentazione del reale. Mentre il premio della Giuria Giovani è finito nelle mani dei rappresentanti nostrani Pietro Pasquetti e Silvia Jop che con il loro Upwelling ci hanno catapultato nel Teatro Pinelli di Messina durante il periodo di occupazione per portarci alla scoperta della sua un’umanità eterogenea, fatta di figure volutamente ambigue, certe (e fiere) soltanto della propria impossibilità di essere normali.
Competitiva era anche la sezione Prospettive, riservata ai lavori più promettenti dei giovani filmaker italiani, con ben dieci film, di cui sette del tutto inediti, a contendersi i premi principali. A spuntarla sono stati Sopra il fiume di Vanina Lappa e I compagni sconosciuti di Lorenzo Apolli, ai quali sono andati rispettivamente il primo e il secondo premio.

Francesco Del Grosso

Riepilogo recensioni per sezione della 36esima edizione del FilmMaker International Film Festival

Concorso Internazionale

Ta’ang di Wang Bing

Incident Reports di Mike Hoolboom

Fuori Concorso

Une jeune fille de 90 ans di Valeria Bruni Tedeschi, Yann Coridian

Chi mi ha incontrato, non mi ha visto di Bruno Bigoni

Sarah Winchester, Opéra Fantôme di Bertrand Bonello

Il passo di Alessandra Locatelli, Francesco Ferri e Mattia Colombo

Ombre dal fondo di Paola Piacenza

Prospettive

Acqua dolce di Enrico Mazzi

Natura Selvaggia

O Ornitologo di João Pedro Rodrigues

Omaggio a Ulrich Seidl

Safari

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