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Favola

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VOTO: 6.5

Basta crederci

Dopo la prima mondiale alla 35esima edizione del Torino Film Festival, Favola è stato scelto come film d’apertura della 32esima edizione del Festival MIX Milano di Cinema Gaylesbico e Queer Culture e non è un caso, in quanto, con toni leggeri, delicati, ironici e commoventi, questo film riesce a sviscerare e interrogare sul tasto più attuale che mai: quello dell’identità e della ricerca di se stessi.
Tratto dall’omonima opera teatrale (produzione Teatro Franco Parenti di Milano) che vedeva sempre per protagonisti Filippo Timi e Lucia Mascino, l’esordio dietro la macchina da presa di Sebastiano Mauri (a teatro aveva ricoperto il ruolo di consulente artistico) riesce a sfruttare le qualità del mezzo cinematografico per confezionare ancor più una “favola”, dietro cui si celano esseri umani.
C’era una volta l’America degli anni ‘50. «Tra barboncini impagliati, tè corretti al whisky, peccaminose lezioni di mambo e minacce d’invasioni aliene, Mrs. Fairytale (Timi), la nostra eroina, passa le sue giornate rinchiusa nella sua meravigliosa casa dei sogni e senza un attimo di respiro. Un mondo surreale in cui le aspirazioni e i sogni dei personaggi prendono corpo, si scontrano, crollano e si realizzano. Un sogno, forse, in cui chiunque può finalmente essere chi vuole essere, ma dietro al quale si cela un’altra, sconvolgente realtà. Una commedia fantastica e surreale per confrontarsi con il tema attuale dell’identità, attraverso un’estetica sfarzosa e sorprendente» (dalla sinossi ufficiale). Ogni elemento non è mai posto a caso e si può dire che co-protagonista insieme a Mrs. Fairytale e Mrs. Emerald (una Lucia Mascino perfetta nel misurarsi con un registro non semplice), sia Lady (il cane impagliato) che ben rappresenta un altro lato del femminile, verrebbe da dire quell’inconscio che viene a galla a tal punto da (far) agire.
Non è semplice parlare di Favola anche perché non vogliamo rivelare un’importante chiave che porta alla quadratura del cerchio, introdotta ad hoc nell’adattamento per il grande schermo e che lancia un’ulteriore frecciata alla società. Quel mondo immaginario, ricostruito nello stile della grande Hollywood, diventa un buon escamotage per denunciare la maschera che si indossa.
Se il film ha perso, da un lato, la componente di improvvisazione insita nello spettacolo (la durata infatti era variabile), dall’altro ha guadagnato sia sul piano del sistema dei personaggi, con la materializzazzione di due che incidono molto sulla nostra Mrs. Fairytale – Mother (un’impeccabile Piera Degli Esposti) e il marito (Sergio Albelli) – che dell’ambientazione. Timi è molto bravo nell’andare a fondo dell’identità (si concede qualche vezzo di matrice teatrale come il gioco sulla “z” – vedere per credere) e ci teniamo a precisarlo è una donna, non ne veste i panni. Il tutto, forte anche del connubio creatosi con la Mascino e della scelta di far interpretare a Luca Santagostino tre diversi fratelli gemelli.
Nota di merito va anche alle musiche di Pivio&Aldo De Scalzi e alle canzoni originali di Massimo Martellotta, funzionali a far immergere il pubblico nell’atmosfera, oltre che a far da contrappunto alle emozioni (complici, in questo, anche i costumi di Fabio Zambernardi).
In alcuni momenti precisi la scena (scenografia di Dimitri Capuani, arredamento curato da Alessia Anfuso) richiama le pareti di un utero o – se si vuole – della caverna di platonica memoria. Si può uscire dalla prigione che ci si è costruiti o che si è permesso agli altri di costruire attorno a noi?
Le risposte sono nel lungometraggio, ma chiariamo, non perché i realizzatori salgano in cattedra, anzi, ma come ogni “favola” che si rispetti un cosiddetto “end” deve esserci, basta crederci.
Il film esce come evento speciale il 25, 26 e 27 giugno, distribuito da Nexo Digital, inoltre sarà fruibile nelle sale cinematografiche anche con sottotitoli per sordi tramite l’app gratuita MovieReading.

Maria Lucia Tangorra

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