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Fast & Furious: Hobbs & Shaw

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VOTO: 6

Bastano tre per fare una coppia

Uno spin-off della fortunata e longeva saga di Fast & Furious? Sì. Ma anche no. Nel senso che i personaggi citati nel titolo di questo Fast & Furious – Hobbs & Shaw sono senz’altro apparsi nel capitolo otto della saga, a dividere il proscenio con Don Toretto/Vin Diesel. Eppure nel lungometraggio in questione risulta assente la caratteristica principale, ossia l’esibizione quasi feticistica delle automobili di lusso dal motore rombante, autentica conditio sine qua non di appartenenza a quello che, nel tempo, sta divenendo un fortunatissimo brand cinematografico. Anche se non mancano ovvie sequenze di inseguimento su quattro o più ruote. Qualcuno storcerà il naso ma se ne farà una ragione. Anche perché non è il solo limite ascrivibile alla pellicola diretta da David Leitch. Ma procediamo per gradi.
L’idea di mettere insieme l’erculeo Dwayne Johnson e lo sbarazzino Jason Statham, nei panni due super-agenti segreti rispettivamente statunitensi e britannici, aveva ed ha tutte le carte vincenti per far accorrere in massa pubblico al botteghino. Peccato che a Chris Morgan – già sceneggiatore d.o.c. di Fast & Furious da un certo punto in poi della serie e qui supportato, in sede di scrittura, dal Drew Pearce regista del coevo Hotel Artemis – sia un po’ venuta meno l’ispirazione nel mettere su carta la simpatica “tamarrata” a stelle strisce che molti si sarebbero aspettata. Il plot di base pare ancora più somigliante del solito ad un Mission Impossible qualsiasi tendente al ribasso in fatto di originalità: c’è in giro un pericolosissimo virus, con la solita multinazionale (ahi, il capitalismo distruttivo contemporaneo!) pronta a metterci le mani sopra per motivi che restano avvolti nel mistero, pare per compiere una sorta di selezione naturale in un pianeta sovrappopolato come il nostro. Meno male che una leggiadra ma bellicosa fanciulla di nome Hattie Shaw (brava Vanessa Kirby, ad interpretare l’unico personaggio in mutazione nel corso del film) si inietta il suddetto virus allo scopo di non farlo cadere tra le mani del mercenario Brixton (un Idris Elba a suo agio in qualsiasi ruolo, positivo o negativo). Da qui parte il solito tour mondiale dell’avventura, con significativa tappa in Ucraina (residuati mnemonici di Chernobyl?) dove la già citata multinazionale conduce i propri turpi esperimenti scientifici. In mezzo alla narrazione tanti battibecchi tra i due protagonisti, esplicitati per mezzo di dialoghi quasi mai compiutamente umoristici ma anzi spesso piatti e ripetitivi. Le celeberrime diatribe dialettiche e non tra Terence Hill e Bud Spencer – citiamo ad esempio per tutti il cult sempreverde …Altrimenti ci arrabbiamo! (1974) di Marcello Fondato – paiono partoriti dalla penna di un Billy Wilder, a confronto. E il regista David Leitch sembra aver dimenticato per strada il riuscito mix tra umorismo e azione che caratterizzava i due Deadpool da lui diretti.
Si procede dunque navigando a vista nel mare del déjà-vu fino all’epilogo nelle isole samoane – terra nativa di Hobbs/Dwayne Johnson – dove finalmente la battaglia finale si consuma in un contesto non privo di un qualche sottotesto degno di interesse sugli “ultimi” che salvano il mondo e cose così. L’intrattenimento ludico sale di livello, si abbozza un certo feeling romantico tra Hobbs e Hattie (peraltro sorella di Shaw/Jason Statham, come si evince dal cognome diegetico), l’anomalo triangolo prende quota ed il film non fa troppo rimpiangere i soldi del biglietto, assolvendo al proprio compito principale di divertire senza troppi assilli di alcun tipo.
Solo il tempo, assieme ai soldi incassati, ci dirà se questa costola nata da Fast & Furious potrà contare su un proprio futuro tutto da scrivere. Nel frattempo, al netto delle non trascurabili riserve espresse, aggiungiamo la considerazione che l’accoppiata Dwayne Johnson/Jason Statham, per funzionare a pieni giri, ha avuto bisogno del prezioso apporto di Vanessa Kirby. Sono davvero cambiati i tempi, se anche i giocattoloni made in Hollywood si rendono conto di quanto il fu sesso debole sia diventato ormai predominante sull’ormai usurato vetero-maschilismo. Delle performance solipsistiche di John Wayne resta solamente un pallido ricordo, al giorno d’oggi…

Daniele De Angelis

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