L’ultimo amico se ne va
Nel cercare di analizzare pellicole come quelle della saga Fast & Furious, si rischia sempre di cadere in quella cattiva pratica dello snobismo a priori comune a certa critica, quella sindrome che vorrebbe dividere il cinema in categorie stagne “alto” e “basso”, “d’autore” e “commerciale”, senza includerne le più diverse sfumature. Ecco, se dovessimo pensarla così, pellicole come questa difficilmente si potrebbero salvare, ma commetteremmo un grande errore. Sgombriamo subito il campo da qualsiasi dubbio: Fast & Furious 7 è un grande film. O meglio, è un grande esempio di film action, che fa benissimo il suo sporco lavoro, che in altre parole è quello di intrattenere e divertire, servendosi di personaggi e situazioni che non hanno nessuna pretesa di realismo. Definiteli tamarri, coatti o smargiassi quanto volete, ma Vin Diesel e i suoi compagni, in questo nuovo ennesimo capitolo della saga, mettono a segno un bel colpo, griffando uno dei film action più riusciti degli ultimi anni.
A un gruppo di attori affiatati, una vera e propria famiglia, come ribadisce più e più volte Dominic Toretto aka Vin Diesel, in questo settimo episodio si aggiungono due uomini in più che fanno la differenza: il primo è James Wan, l’altro è Jason Statham. Il regista del primo Saw e The Conjuring, finora aveva convinto con pellicole horror di pregevole fattura, e l’approdo verso un genere diverso destava più di un dubbio sulla versatilità del cineasta malese: invece Wan, non solo è riuscito a ricacciare qualsiasi tipo di perplessità, ma ha anche messo, ci si passi il termine, il “turbo” al film con una regia di qualità che riesce ad esaltarsi in mirabolanti e spettacolari sequenze, imprimendo un tocco personale e riconoscibile e destreggiandosi tra sequenze ad alta velocità, inseguimenti, esplosioni e scazzottate senza mai gettare lo spettatore nella confusione (a qualcuno è venuto in mente Michael Bay?), mischiando concessioni allo spettacolo e alla “tamarraggine” pura mantenendo, però, sempre quel tono stilistico che gli appartiene.
Jason Statham, invece, immette una sana dose di adrenalina al film, interpretando un villain dalle tinte fosche e deliranti, che fa il suo esordio in scena in una sequenza che ricorda moltissimo la follia del Joker visto ne Il Cavaliere oscuro. Il suo personaggio, Deckard Shaw, è in cerca di vendetta per la morte del fratello Owen (avvenuta nell’episodio precedente), e per questo si mette sulle tracce di Toretto & Co intenzionato a ucciderli ad ogni costo. Statham ha il carisma e la carica ironica giusta, e il suo Deckard Shaw per tutta la pellicola sembra una bomba innescata pronta a esplodere da un momento all’altro.
Tra incursioni nei deserti di Abu Dhabi, auto paracadutate da un aereo in corsa e che passano attraverso grattacieli come fossero proiettili, FF7 non risparmia niente in termini di spettacolarità debordante, mettendo da parte la logicità e la coesione di una sceneggiatura che galoppa in più di un punto ma che, alla fin fine, non rappresenta un “peso” per la buona riuscita del tutto.
Menzione d’onore, infine, per il compianto Paul Walker, morto durante le riprese e ricreato digitalmente e grazie all’apporto dei suoi due fratelli: il film lo omaggia regalando al suo personaggio una parte preponderante, e salutandolo nel finale con un epitaffio commosso e commovente da parte di tutti i componenti della “famiglia”, Vin Diesel in primis, in uno struggente “arrivederci” dove la finzione si mischia con la realtà, e il cinema con la vita.
Giacomo Perruzza