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Extraordinary

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VOTO: 8

Crescere non è un superpotere

Le opere su supereroi e superpoteri da molti anni hanno stabilmente colonizzato grande e piccolo schermo. Con la diffusione delle piattaforme di streaming, poi, hanno avuto un ulteriore impulso alla moltiplicazione. Tuttavia, sempre di più il genere mostra di stare esaurendo la carica propulsiva e di stare arrotandosi su sé stesso. Risulta quindi rinfrescante quando un nuovo prodotto riesce a presentare un punto di vista che non sia già trito e ritrito. È il caso della serie commedia inglese Extraordinary, realizzata da Emma Moran. Sceneggiatrice conosciuta per lo più in patria per il suo lavoro a vari programmi comici della BBC, la Moran segna con questo lavoro il suo esordio nella scrittura seriale.
Al centro dell’opera vediamo Jen (Máiréad Tyers), 25enne che, in un mondo nel quale tutti hanno un superpotere compiuti i 18 anni, lei ne è ancora priva. Partendo da questo assunto vediamo la ragazza cercare di districarsi tra tutti i piccoli disastri e le grandi insoddisfazioni della sua vita. La serie non presenta grandi intuizioni in merito alla messa in scena e si rivela essere un lavoro soprattutto di scrittura e personaggi. Nella sua struttura di racconto corale lineare che affronta il tema della crescita personale presenta diverse analogie non altre opere seriali inglesi di successo come Skins e Sex Education. Una comunanza che rivela come l’Inghilterra non sia solo terra di fine scuola recitativa, ma continui a sfornare autori capaci di scrivere opere brillanti ed in sintonia con i tempi. Tutti e tre questi titoli, poi, hanno al proprio centro un particolare argomento. Per Skins sono i problemi dell’adolescenza, per Sex Education la scoperta ed il confronto con la sessualità, per Extraordinary si tratta dei problemi della prima età adulta e che oggi si tende ad indentificare con la “crisi del quarto di secolo”. La presenza del tema dei superpoteri diventa così un interessante strada per affrontare tale tema. In effetti, qui i superpoteri non sono la via per una vita avvincente e piena di avventure, giacché tutti li hanno e molti di questi non sono in effetti particolarmente utili. Tuttavia, il non averli causa uno sgradevole stigma sociale. Come quando non hai ancora un lavoro o non sei inserito con un ruolo definito nella società. Ecco, dunque, che avere o meno un potere, saperlo o volerlo usare costituiscono un nuovo modo di approcciarsi ad un discorso, la storia di supereroi, già più volte affrontato. Con un atteggiamento molto più disincantato rispetto a quello che possono avere gli americani, che pure il genere lo hanno creato, la serie inglese ci parla delle difficoltà di trovare il proprio posto nel mondo. Crescere non è un superpotere e può essere doloroso, perché può portare a comprendere di dover cambiare aspetti di noi stessi e della nostra vita che davamo per stabili. Epperò questo processo può anche portare ad una più profonda consapevolezza, permettendoci così di acquisire nuove e più durature sicurezze, che se pure non permetteranno di trovare un posto nel mondo, potrebbero quantomeno offrire un solido punto di partenza per capire dove e con chi ci interessa davvero andare.

Luca Bovio

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