Un viaggio che vorremmo non finisse mai
Quando pensiamo ad un documentario di Frederick Wiseman, non riusciamo a non immaginarlo proiettato su di un grande schermo. E non soltanto per la lunga durata delle opere in sé, quanto, più che altro, per il fatto di trovarci davanti a delle opere d’arte monumentali, maestose per quanto riguarda la portata di ciò che ci viene mostrato. Chi, d’altronde, meglio di Wiseman ha saputo raccontarci la società – in particolare quella americana – focalizzandosi, di volta in volta, sui più diversi momenti, luoghi ed istituzioni che le appartengono? È stato così, ad esempio, in documentari come i recenti National Gallery o In Jackson Heights ed è così anche per il suo ultimo lavoro: Ex Libris: New York Public Library, presentato in Concorso alla 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Un’opera, questa, che non ha fatto altro che confermare la grande capacità del regista di far entrare lo spettatore a far parte di un mondo prima, per lui, quasi del tutto sconosciuto, fino al punto di sentirlo suo.
Il tema preso in esame, stavolta, è la cultura e l’impatto che essa ha sulla società. La sua importanza apparentemente potrebbe essere data quasi per scontata, ma, in realtà, è pericolosamente sottovalutata. E così Wiseman, insieme alla sua troupe, fa il suo ingresso nelle principali biblioteche disseminate per i quartieri di New York, mostrandoci, di volta in volta, conferenze, dibattiti, ma anche concerti o, semplicemente, momenti di relax o di studio. In poche parole, quello che si sperimenta è un vero e proprio viaggio all’interno di un mondo dove l’arte e la cultura sembrano ancora sopravvivere in una società che sembra dedicare loro sempre meno spazio. Sono diversi i temi affrontati nel corso degli incontri filmati: dall’importanza dei finanziamenti, all’organizzazione delle attività, da come tali istituzioni siano responsabili circa la formazione delle nuove generazioni, fino ad un discorso sul razzismo e sull’emarginazione sociale. Tema, quest’ultimo, che, cavalcando l’onda dell’anti-trumpismo, è presente in quasi tutti i lungometraggi in concorso in questa edizione della Mostra del Cinema. Dalla sua, però, Wiseman ha la grande capacità di farlo figurare alla stregua di un tassello finalizzato a completare un discorso molto più grande e complesso, evitando, così, toni spiccatamente buonisti ed un’inutile retorica.
Non si limita, però, Ex Libris, soltanto a questo. Particolarmente d’effetto, infatti, sono i momenti in cui vediamo i clienti delle biblioteche fare delle ricerche, immersi in un contemplativo silenzio che sembra racchiuderli in una sorta di mondo “magico”, lasciando fuori la città con la sua vita frenetica, i suoi colori ed i suoi rumori. Ed ecco che, tanto quanto Wiseman stesso, anche noi iniziamo ad amare i dettagli di pagine stampate, di mani che sfogliano vecchi volumi o di volti assorti nella lettura. Perché, di fatto, ciò che allo spettatore viene trasmesso, è soprattutto il fatto che Wiseman voglia fare, con le sue opere, una vera e propria dichiarazione d’amore alla società ed al mondo che ci racconta, rispettoso e riverente, con la sua macchina da presa che, in qualità di attenta osservatrice, ha anche la grande capacità di non far quasi percepire la propria presenza a chi di volta in volta viene ripreso.
La cosa più giusta che uno spettatore possa fare trovandosi davanti ad un’opera di Frederick Wiseman, a questo punto, è lasciarsi condurre per mano all’interno di un mondo nuovo ed affascinante, limitandosi a guardare dal basso verso l’alto l’opera d’arte davanti ai suoi occhi. In un viaggio che, nonostante la lunghezza, sembra durare sempre troppo poco.
Marina Pavido