Sussurri e ragli
In concorso al Festival di Cannes 2022 anche Jerzy Skolimowski, il grande autore polacco che è stato interprete di una sua Novelle Vague negli anni Sessanta, e che arriva al suo ventinovesimo titolo, dopo una carriera iniziata con i primi corti nel 1960. EO, questo il titolo dell’opera presentata a Cannes, è un raglio, un urlo di Munch laddove il soggetto non è umano bensì un animale, un asino. Il titolo infatti è proprio l’onomatopea del verso dell’animale, tanto che c’è anche l’alternativo titolo di Hi-Han. Tradizionale bestia da fatica, sfruttata in tutto e per tutto nella storia dell’umanità, anche come carne, spesso considerato anche sinonimo di animale stupido, poco intelligente, a differenza per esempio del cavallo che, pur molto simile, è stato glorificato e nobilitato. Nella storia del cinema l’asino per eccellenza è quello di Au hasard Balthazar, il capolavoro bressoniano cui Skolimowski guarda e non poco. EO potrebbe essere un Au hasard Balthazar 2.0, visto in un’epoca in cui si assiste a un declino, vero o artificioso, del concetto stesso di antropocentrismo, e inserito in un contesto di immagine digitale, elettrica, al neon, cui l’autore polacco aveva già cominciato a ragionare nel precedente 11 Minutes.
Il volto dell’asinello, i suoi occhioni innocenti, la sua purezza animalesca guardano un’umanità gretta e patetica, l’ultimo degli animali domestici riflette la degenerazione della società umana che lo ha sempre sfruttato e maltrattato. Possiamo trovare un antecedente del ragionamento di Skolimowski sull’animalità nel precedente Essential Killing, dove la bestialità rappresentava una degenerazione, almeno apparente, dell’umano, una regressione per l’istinto di sopravvivenza. Ora, con EO, questa animalità non è altro che quella innocenza primordiale che l’umano crede di aver rigettato nel nome di una società civile quanto ipocrita. Rispetto al capolavoro di Bresson, non c’è una narrazione unica. L’asinello di Skolimowski erra e vagabonda per l’Europa guardando a ogni tappa una nuova storia. Il punto di partenza è un circo in Polonia dove viene dismesso tra le proteste degli animalisti per il circo senza animali, una paradossale uscita da un eden di serenità, dove un’artista circense, corrispettiva della Marie di Bresson, gli voleva bene. Una rottamazione iniziale che simboleggia uno stato più generale di degrado e sfacelo.
L’Europa rappresenta il simbolo di un’umanità che si crede progredita, civilizzata, che crede di aver ormai raggiunto lo status di civile convivenza. Su questo il regista polacco è sarcastico, e il titolo stesso del film potrebbe ricordare la stessa sigla EU dell’unione degli stati del vecchio continente. L’asinello si muove in paesaggi spesso virati di colore, psichedelici, omologati, raffigurando anche un conflitto dell’uomo con la natura, rappresentato nella scena nel bosco in cui vengono abbattuti alberi secolari. L’Europa è il paradigma della civiltà moderna e tecnologica, dove esseri viventi vengono considerati come pura materia prima da convertire in carne, dove l’animalità primordiale torna a manifestarsi negli scontri tra gruppi di ultrà tifosi di squadre contrapposte. L’asinello viene torturato e seviziato proprio da questi violenti: una crudeltà gratuita o l’inevitabile sfogo di una violenza repressa? Il punto di arrivo dell’animale è l’Italia, chiamata a simboleggiare le cosiddette origini cristiane del vecchio continente. Rappresentate in modo grottesco da un giovane prete che recita la messa privatamente, e morbosamente, per una contessa interpretata da Isabelle Huppert.
L’asinello morto nel finale di Au hasard Balthazar probabilmente era stato ucciso davvero per girare la scena. Ora il politicamente corretto animalista impone che nessun animale possa essere maltrattato per girare il film. Tra il film di Bresson e quello di Skolimowski passa un mutato atteggiamento e una diversa sensibilità. Se per il regista francese l’animale si esauriva nella metafora, per il cineasta polacco si tratta davvero di sovvertire radicalmente l’antropocentrismo mettendosi dalla parte dei reietti, degli ultimi tra le specie dei viventi.
Giampiero Raganelli