C’era una volta una nota
Siamo abituati a piangere la scomparsa di registi, attrici ed attori che per lungo tempo hanno animato i nostri sogni nell’ambito della Settima Arte, contribuendo magari a creare un immaginario capace di resistere alle scosse del tempo. E’ arrivato però il momento di fare un’eccezione, scrivendo qualche riga su un artista che la cui immagine fisica non è mai divenuta icona ma che ha fatto conoscere se stesso attraverso la stimolazione di altri sensi, in primo luogo quello dell’udito. Ennio Morricone ci ha lasciato a novantuno anni di età, riferiscono le cronache a seguito di una caduta che ne aveva provocato la frattura del femore. Forse, più semplicemente, era giunto il suo momento. Così anche il nostro. Noi che pensavamo, da cinefili perfettamente sprovveduti, che il Padreterno gli avesse concesso una sorta di deroga, quella che si conviene alle leggende: l’immortalità.
Ennio Morricone ha scritto la colonna sonora della nostra vita. Non ce ne siamo accorti adesso che non c’è più, lo abbiamo sempre saputo. La sua forza è stata la capacità di rinnovarsi, di sperimentare nuove strade, di mettersi costantemente alla prova. Di trovare una perfetta fusione tra ricercatezza sonora e musica popolare. Coloro che sono cresciuti in compagnia delle opere dirette da Sergio Leone sono consapevoli di quanto le colonne sonore di quei film abbiano contribuito alla mitopoiesi di un genere. Perché la via italiana al western non è stata solamente una rilettura del genere americano per eccellenza, ma una vera rielaborazione effettuata attraverso la nascita di nuovi stilemi, frutto di una precisa visione cinematografica. Per questo motivo Sergio Leone ed Ennio Morricone hanno costruito un binomio inscindibile, nell’Arte oltreché nella vita. E se il primo se ne è andato via troppo presto, ha continuato a vivere nelle note dell’amico. E ovviamente in lungometraggi divenuti ben presto immortali grazie anche alla potenza di un commento musicale senza pari. Nessuno oserebbe anche solo immaginare Clint Eastwood che cavalca solitario nella prateria nel finale de Il buono, il brutto e il cattivo (1966) senza l’accompagnamento della mitica colonna sonora firmata da Morricone. Compositore che mai si è limitato alla routine professionale, cercando sempre di compenetrare il film con la propria arte, infondendo allo stesso la classica marcia in più.
Non solo Sergio Leone, purtroppo come detto scomparso prematuramente, ma molto altro, nella carriera cinematografica di Ennio Morricone. Non esiste un film di cui non si rammenti con nitore qualche nota – magari il leitmotiv – da lui composta. Chi si è emozionato con Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore (1988) non riesce a separare immagini e colonna sonora; da qui, peraltro, nacque una fattiva collaborazione con il regista siciliano. Poi le trasferte oltreoceano. Le colonne sonore per i magnifici film di Brian DePalma, disposto a “tradire” un altro valente compositore italiano, Pino Donaggio, pur di lavorare con il maestro. Nascono così comenti nusicali a dir poco epici come quelli di The Untouchables – Gli intoccabili (1987) e del clamorosamente sottovalutato Vittime di guerra (1989). Culminate con il premio Oscar ottenuto per The Hateful Height (2015) firmato dal suo imperituro ammiratore Quentin Tarantino. Premio che si somma all’Oscar per la carriera ottenuto nel 2007. Verrebbe da dire troppo presto.
Quella di Ennio Morricone è stata una carriera smisurata, degna di un genio che ha ritenuto opportuno mettere il suo immenso talento nel “nostro” campo di riferimento, cioè il cinema. Lavorando a stretto contatto con le eccellenze del settore. Sappiamo già, senza necessità alcuna di ribadirlo in questa sede, che non gliene saremo mai abbastanza grati…
Daniele De Angelis