Beati i secondi perché saranno (tra) i primi
Le origini del cinematografo non costituiscono soltanto un argomento caro agli studiosi, ai cultori della materia, ma rappresentano anche un soggetto assai stimolante, per quei cineasti che nel corso del tempo hanno voluto approcciare determinate figure, da angolazioni anche molto differenti tra loro, nelle proprie opere destinate al grande schermo. Tra le diverse chicche spicca senz’altro I fratelli Skladanowsky, lungometraggio realizzato nel 1995 da un superbo Wim Wenders. Per non parlare poi di Forgotten Silver, l’ingegnoso mockumentary uscito peraltro nello stesso anno, per la regia di Peter Jackson. Ci sono spesso firme prestigiose, quindi, dietro simili lavori. E in questa variegata galleria di nomi si inserisce ora un “outsider” di talento, il valenciano Ramón Alòs Sanchez, che si è formato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e che ha avuto la brillante intuizione di dedicare un documentario, alquanto singolare anche nel suo svolgimento, a un’altra complessa figura di pioniere del cinema, il connazionale Segundo de Chómon.
Introdotto dal regista stesso la sera del 9 maggio, El hombre que quiso ser Segundo era tra gli eventi di punta di questa edizione di CinemaSpagna. Sicuramente non ha deluso le aspettative. Muovendosi con agilità tra materiali di repertorio, attività di ricerca, ricostruzioni non prive di elementi fictionali inseriti ad arte, Ramón Alòs Sanchez è riuscito nell’impresa di stuzzicare la curiosità dello spettatore dall’inizio alla fine, attraverso un ritratto assai sfaccettato di quello che per certi versi viene considerato il Méliès spagnolo, ovvero il già citato Segundo de Chómon. Attivo per tutto il periodo del muto sia come regista che come artefice di effetti speciali e trucchi ottici piuttosto avanzati, il nostro Segundo seppe guadagnarsi una discreta fama proprio per le sue qualità di artigiano, di sperimentatore dalle idee in continuo movimento; e non a caso si trovò a operare in alcuni dei set più importanti dell’epoca, da Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone a Napoléon (1927) di Abel Gance; mentre i piccoli film da lui diretti non ebbero poi la stessa fortuna critica, venendo considerati a lungo semplici bizzarrie, meccaniche successioni di quadretti fantasmagorici o addirittura scadenti imitazioni di Georges Méliès, suo dichiarato modello.
Ebbene, il singolare documentario di Ramón Alòs Sanchez ha anche il merito di investigare con attenzione sugli aspetti che rendono un simile personaggio, poco conosciuto o ritenuto a torto marginale, figura dalla parabola esemplare e ricca di feconde intuizioni, nel cinema degli albori. Le immaginifiche (in quanto dirottate addirittura verso la prassi del mockumentary, attraverso idee di sceneggiatura che non stiamo a svelarvi, per non rovinare la sorpresa) digressioni sulla biografia del misterioso Segundo de Chómon si fondono così con gli spezzoni dei suoi film, con le interviste a storici del cinema o ad altri sublimi artigiani come Ray Harryhausen, in questo sorprendente documentario che arriva poi a una condivisibilissima conclusione: la nascita del cinema non è stata il colpo di genio isolato di uno o due personaggi, ma il frutto di una ricerca che ha coinvolto tante menti appassionate. Anche quelle di coloro che apparentemente si piazzarono secondi, come i già menzionati fratelli Skladanowsky, o come il nostro Segundo di nome e di fatto.
Stefano Coccia