Aggiungi un posto a tavola
Al netto di un doppiaggio da art. 575 del codice penale che infastidisce e non poco la fruizione, arriva nelle sale nostrane con Mediterranea Productions l’opera prima di Jason Flemyng dal titolo Eat Local – A cena coi vampiri. Per il suo esordio dietro la macchina da presa l’acclamato attore londinese ha chiamato a raccolta un folto gruppo di colleghi del panorama nazionale, ma ciò non è bastato a mantenere a galla il tutto. I motivi sono molteplici, ma ci limiteremo a evidenziare i più significativi per non infierire ulteriormente su un prodotto che ha davvero poco da aggiungere al filone vampiresco nel quale si va regolarmente a inserire.
Una volta ogni 50 anni i vampiri britannici si riuniscono in una tranquilla fattoria per discutere di territori controllati, controverse varie, eventuali minacce e per approvare nuove misure per garantirsi scorte alimentari. In questa riunione i partecipanti dovranno discutere inoltre l’aggiunta di un nuovo membro. Il ragazzo prescelto è Sebastian Crockett, attirato nella fattoria dalla sexy Vanessa. Sfortunatamente per tutti proprio il colonnello delle forze speciali ammazza vampiri Bingham è venuto a conoscenza della riunione segreta ma avendo sottovalutato il reale pericolo non ha con se abbastanza uomini per affrontare la congrega di vampiri. La sopravvivenza dei soldati e di Sebastian è a serio rischio e la priorità diventa arrivare, possibilmente vivi, all’alba.
Se da una parte la sinossi sembra promettere qualcosa di interessante, almeno sul piano del mash up di registri, toni e generi che l’autore dello script Danny King ha messo a disposizione del regista, dall’altra la pochezza narrativa e la scarsa propensione all’originalità del plot che lo caratterizzano in negativo non possono che gettare nell’ombra quei pochi aspetti positivi rintracciabili qua e là nella timeline. Di conseguenza, l’horror-comedy dal retrogusto balistico che ne scaturisce si dimostra debole tanto sul piano dello humour nero del quale l’impianto dialogico prova a farsi portabandiera, quanto su quello dell’incontro tra l’action e il parodistico che lascia il tempo che trova guardando con il binocolo ciò che invece i connazionali Simon Pegg ed Edgar Wright sono riusciti a fare con la spassosa “trilogia del Cornetto” (composta da L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz, e La fine del mondo). Skatch e battute davvero poco affilate, che cercano affannosamente di aggrapparsi al politicamente scorretto perdendo ulteriori punti, rendono ancora più in salita il percorso di un film che butta qua è la nel minestrone una serie di citazioni e dinamiche (in primis l’home invasion) già viste per provare a giocarci sopra e rielaborarle.
Si assiste così a un lavoro di taglia e cuci che denota una pigrizia nella scrittura e una conseguente perdita di sostanza nella messa in quadro. Il tentativo di mescolare senza soluzione di continuità il Distretto 13 di John Carpenter con i vari Intervista col vampiro, Dal tramonto all’alba e What We Do in the Shadows, non sortisce gli esiti sperati al momento della visione. Se non fosse per qualche trovata qua e là (vedi la sparatoria tra i militari e la vecchia armata di mitragliatore) e per altrettante parentesi splatter ben assestate, Eat Local andrebbe dimenticato ancora prima del dovuto.
Francesco Del Grosso