Come uno tsunami
Aldo Iuliano, regista e fumettista originario di Crotone, è uno di quegli artisti al quale più che al passato e al futuro sembra interessare il presente. Non è un caso infatti che abbia in più di un’occasione puntato l’obiettivo della macchina da presa su storie e tematiche di strettissima attualità, portando sullo schermo qualcosa di molto simile a degli instant movie attraverso i quali fotografare i nostri tempi. Lo ha fatto ad esempio nel 2017 con il pluripremiato cortometraggio Penalty nel quale si parlava di immigrazione, per poi spostare l’attenzione nel 2022 sui pericoli dell’intelligenza artificiale nel lungometraggio d’esordio Space Monkeys. E lo ha fatto ancora più di recente nella sua nuova fatica sulla breve distanza dal titolo Dive, presentata con successo alla 19esima edizione di Cortinametraggio dopo l’anteprima mondiale nella sezione “Orizzonti” dell’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Iuliano, con la collaborazione in fase di scrittura del fratello Severino, ha voluto parlare della situazione in Ucraina e più in generale delle minacce tangibili e delle conseguenze di un conflitto, cercando una chiave semplice che gli consentisse di raccontare il suo stato d’animo sui fatti che stanno accadendo in questi anni. L’ha trovata in una storia capace di allargare lo sguardo e gli orizzonti drammaturgici sui sentimenti degli adolescenti attraverso un legame speciale tra due giovanissimi ragazzi, in un contesto che si rivelerà tutt’altro che ameno e tristemente contemporaneo. Dive ci trasporta in media-res al seguito di Roman e Julia, due adolescenti che giocano su una spiaggia isolata desiderosi di lasciarsi alle spalle e dimenticare il mondo che li circonda per passare dei momenti di spensieratezza insieme. I loro sguardi e i loro gesti annullano il tempo e lo spazio, il mare partecipa alla loro complicità ma l’incanto non è eterno, e la realtà irrompe prepotente nelle loro vite, stravolgendole per sempre.
Il risultato è una storia di amicizia, forse di amore, certamente di sfida e sicuramente di coraggio, che vede una favola trasformarsi in un battito di ali di farfalla in un incubo ad occhi aperti, con l’idillio, l’innocenza e la spensieratezza che vengono spazzati via nel giro di una manciata di frame dall’orrore, dalla paura e dalla dura realtà. Come ciò avviene e quali siano le dinamiche che ci portano al punto di rottura e di non ritorno lo lasciamo alla visione di questo short che fa dell’intensità e dalla tensione via via crescente i propri punti di forza. Un magma incandescente questo che arriva allo spettatore come uno “tsunami” a ciel sereno mediante una successione di emozioni cangianti, che l’autore ha tentato – riuscendoci – di riversare sullo schermo e trasferire al fruitore di turno facendo quasi a meno delle parole e affidandosi al potere impattante ed evocativo delle immagini fotografate da Daniele Ciprì e delle musiche avvolgenti composte da Enrico Melozzi. Il tutto orchestrato da Iuliano in cabina di regia con una serie di soluzioni estetico-formali funzionali e tecnicamente efficaci, valorizzate e finalizzate al meglio dal montaggio di Marco Spoletini. Un ensemble di altissimo livello che permette attraverso dei “giochi di prestigio” di trasformare una spiaggia di Sabaudia, sul litorale laziale, in un lembo di terra bagnato dal mare ferito a morte come quello della Crimea.
L’intenzione era dunque quella di fare un tuffo nei sentimenti più innocenti e nelle emozioni che ognuno di noi ha provato almeno una volta nella vita, in un mondo che sta perdendo la propria umanità. Lo specchio che riflette attraverso la piccola-grande odissea di due innocenti che soffrono una situazione terribile, qui interpretati con partecipazione e coinvolgimento dai giovani attori ucraini Veronika Lukyanenko e Danyil Kamenskyi, che fanno ricorso al proprio vissuto per esprimere al meglio e con il linguaggio del corpo il ventaglio di emozioni vissuto dai rispettivi personaggi. Il racconto e quanto accade nei 12 minuti a disposizione muove i propri fili sul piano fisico quanto su quelli metaforici in un’esperienza terrena che si tramuta nel “gioco” della messa in scena e della messa in quadro in una dimensione astratta, con le magnetiche e suggestive scene subacquea che consciamente o inconsciamente rievocano la celeberrima scena di L’Atalante di Jean Vigo.
Francesco Del Grosso