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Difret

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VOTO: 8

L’esperienza che vi cambierà

Quando ho visto Difret per la prima volta, ho pianto per i primi 20 minuti…. ma poi ho sorriso per il resto del tempo, pensando che non vedevo l’ora che il mondo potesse vederlo, perché questo film era in grado di provocare un cambiamento” sostiene Angelina Jolie, coproduttore di questa pellicola, delicata e feroce al contempo.
È una storia vera: in un paesino vicino ad Addis Abeba, Hirut, una ragazzina di quattordici anni, è rapita da un gruppo di uomini a cavallo, mentre torna a casa da scuola. La ragazzina, molto sveglia e intelligente, riesce ad afferrare un fucile di nascosto e uccide uno dei suoi rapitori. Il rapimento è una prassi diffusa in queste zone di campagna: l’uomo sceglie la sua futura sposa e la rapisce, ottenendo così il consenso dei genitori della ragazza al matrimonio. Hirut, quindi, non è legittimata all’autodifesa perché si è opposta alle leggi del villaggio, uccidendo l’uomo che l’avrebbe sposata, ma  che la sera prima l’ha violentata e malmenata.
A lottare per i diritti di Hirut si presenta una giovane avvocatessa, Meaza, che combatte per i diritti dei più deboli presso l’associazione ANDENETA (associazione avvocati donne per la difesa di coloro che non possono permettersi di pagare la parcella)
In questo paese Hirut rischia la pena di morte e Meaza è la sua unica speranza di salvezza.
In Difret, la storia di Hirut è sineddoche di una vasta realtà, in cui i diritti dell’uomo sono calpestati con violenza e dove la donna non gode di emancipazione, ma è soggetta a leggi brutali, che la rendono  completamente indifesa.
Il coraggio di Meaza non è solo importante per la crescita civile dell’Etiopia, ma costituisce un esempio di forza d’animo così importante, che l’avvocatessa nel 2003 è stata insignita del Premio Nobel Africano per il suo impegno a difesa dei diritti delle donne in Etiopia.
Dal canto suo, anche la prova registica di Zeresenay Berhane Mehari è ricca di intrepida fermezza perché si affaccia, senza nessuna remora, su una fetta del mondo, completamente sconosciuta al grande occidente.
Il film grida a gran voce la sua verità, insegnando al mondo del cinema, che una pellicola può e deve intrattenere, ma d’altra parte ha la possibilità di infrangere le barriere ed aprire a vaste platee i sipari chiusi dei “mondi lontani”. Forse è proprio questo che intendeva dire la Jolie con: “questo film era in grado di provocare un cambiamento”.
Se la storia è vera, il film non è un documentario, tuttavia la ricostruzione di ogni singolo particolare è encomiabile. La cura per il dettaglio non si evince solo dall’oggetto di scena e dalla ricostruzione dell’ambiente, ma anche dalle indicazioni registiche nei confronti degli attori, che vivono davvero il proprio personaggio: lo spettatore penetra nel film e si fida di ciò che vede perché lo percepisce reale. Più di un documentario Difret ha il grande potere di trasportare lo spettatore all’interno degli eventi che racconta e l’esperienza provoca il cambiamento!
In conclusione si può dire che Zeresenay Berhane Mehari ha realizzato un ottimo film, conquistando in pieno l’obiettivo che si era preposto: ”Con questo film spero di aver fatto un po’ di chiarezza, mostrando come, con il venir meno delle credenze nelle vecchie tradizioni, le condizioni di vita delle persone possono migliorare. Capire questa connessione e come può cambiare il modo di rapportarsi delle persone con le tradizioni nella vita di tutti i giorni, contribuirà a formare l’Etiopia del futuro” (Zeresenay Berhane Mehari).

Federica Bello

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