Sfidare la vita già da bambini
Il cortometraggio diretto e co-sceneggiato da Anthony Nti prende il via con una grande concitazione (resa con la macchina a mano) in cui i bambini devono rincorrere un gallo: chi riesce a prenderlo forma le squadre. A vincere è proprio Matilda (Matilda Enchil), che sin da subito si presenta vivace, determinata (quasi sfrontata come se non si rendesse mai conto del pericolo), e prova a coinvolgere un suo amico (Prince Agortey) – più ligio – richiamandolo al campo da calcio. La bambina non ha proprio peli sulla lingua, tanto che mentre parla al telefono con Prince, descrive il ragazzo che ha di fronte – più grande di lei – come «un imbranato dagli occhi stupidi e le gambe storte».
Stupisce osservare come Matilda sia disinvolta col pallone e colpisce la complicità tra i due amici. Dopo aver sconfitto ‘i più grandi’, Prince inizia una corsa a perdifiato per rientrare, terrorizzato dal fatto che sua madre possa sgridarlo. Schivato lo schiaffo da parte della mamma, il bambino raggiunge l’amica, con cui inizia a rappare e, nel frattempo, arriva a rallenti una macchina da cui vengono fortemente attratti. All’insaputa dei genitori salgono sull’auto di un ragazzo straniero, Bogah (Goua Robert Grovogui), invogliati dalla possibilità di mangiare gratis a un buffet. Nel corso del tragitto, Matilda scopre che l’uomo possiede una videocamera e così lo spettatore osserva Prince che registra il tragitto e, in particolare, ciò e chi c’è fuori dal finestrino – ma non solo. Mangiano in un lussuoso hotel e li fa divertire fermandosi in riva al mare su suggerimento della ragazzina, mentre l’occhio del bambino più timido e diffidente continua a riprendere. Al contempo, puntando sul tatuaggio impresso sulla propria pelle (un ariete) e sul senso della sfida porta i due amici a una lotta in cui a vincere è proprio Matilda. Pian piano vengono a galla amare e dolorose verità, che spiegano anche il carattere di Prince. Dietro tutta questa disponibilità di Bogah si cela, però, un compito: il giovane lavora per una gang di malavitosi che recluta bambini per una misteriosa missione.
Si avverte, sia nel plot in sé che nel modo di rappresentare i bambini e chi di loro ne vorrebbe approfittare, l’origine ghanese del regista (anche se vive in Belgio), ben conscio di alcune dinamiche.
Da Yie (in it. Buona notte), dopo esser stato insignito di diversi riconoscimenti tra cui Miglior Cortometraggio internazionale al Festival International du Court Métrage de Clermont-Ferrand 2020, ha ricevuto anche il Premio al Miglior Cortometraggio Africano alla 30esima edizione del Festival del Cinema Africano Asia America Latina «per il senso emozionante del dramma, il rispetto dei personaggi bambini, la poesia nell’uso della macchina con cui delinea in 20 minuti una storia di dolorosa attualità» (dalla motivazione della giuria composta da Egle Santolini, La Stampa – Presidente; Davide Turrini, ilfattoquotidiano.it; Akim Zejjari, Sky).
Maria Lucia Tangorra