Un altro matrimonio “ostacolato”
Se già di per sé non aveva convinto né pubblico né critica il lungometraggio Moglie e marito – diretto da Simone Godano nel 2017 – l’arrivo in sala di Croce e delizia, terza fatica del cineasta romano, non ha sollevato già da prima della sua visione, complessivamente, particolari aspettative. Cosa, questa, del tutto comprensibile, dal momento che, già da una prima lettura della sinossi, l’impressione che nel presente caso sia stato creato una sorta di collage di prodotti già realizzati in passato (e per passato si intende, ovviamente, anche un passato piuttosto recente) è più che mai forte. Ovviamente, volendo mettere a tacere ogni pregiudizio prima della visione, ci si è apprestati a vedere il film forti della convinzione che, di fatto, al di là del tema trattato, la cosa importante è come esso stesso venga trattato. Bene, prima di procedere con una consueta analisi, dunque, vediamo da vicino di cosa Godano abbia stavolta voluto parlarci.
Tony (Fabrizio Bentivoglio), sofisticato donnaiolo impenitente, e Carlo (Alessandro Gassman), rimasto vedovo prematuramente, provengono da due famiglie agli antipodi per estrazione sociale, che si trovano misteriosamente a trascorrere le vacanze estive insieme. La forzata convivenza si farà ancora più difficile nel momento in cui i due annunceranno alle rispettive famiglie di essere innamorati e di stare per sposarsi. È a questo punto che Penelope (Jasmine Trinca), figlia sempre trascurata di Tony, e Sandro (Filippo Scicchitano (figlio di Carlo, in procinto di diventare egli stesso padre) escogiteranno un piano al fine di mandare a monte il matrimonio.
Ora, volendo anche solo restare nell’ambito del cinema italiano contemporaneo, il tema delle nozze omosessuali è già stato recentemente trattato da Alessandro Genovesi in Puoi baciare lo sposo (2018), per non parlare dei numerosi lavori che vedono riunioni famigliari iniziate serenamente, all’interno delle quali sono destinati a saltare fuori i più atavici problemi e rancori. Se, infatti, pensiamo a un lungometraggio che vede due famiglie agli antipodi impegnate nel mandare a monte il matrimonio tra i loro figli, non può non venirci in mente il discutibile Compromessi sposi, per la regia di Francesco Micciché, giusto per fare solo un esempio. In poche parole, è come se, all’interno della nostra cinematografia, ci sia una nutrita fetta di autori e produttori impegnati a girare costantemente intorno agli stessi temi, senza riuscire mai realmente a realizzare qualcosa di realmente soddisfacente o, a suo modo, di innovativo o anche di lontanamente interessante.
Volendo, però, concentrarci esclusivamente su questo ultimo lavoro di Godano, ecco che, di fianco a una messa in scena dai chiarissimi echi mucciniani (ma molto meno “urlata” degli stessi lavori mucciniani), troviamo una storiella piuttosto scarna e fortemente prevedibile, nei confronti della quale saranno purtroppo in pochi a provare un reale interesse e in cui gli stessi espedienti dei ragazzi per mandare a monte le nozze sono tanto deboli quanto realmente inesistenti, di fianco a personaggi altrettanto privi di mordente, tutti vittime di stereotipi giocati in modo tanto marcato e banale (vedi, ad esempio, le stesse famiglie protagoniste, una di liberi costumi, l’altra molto più materiale, apparentemente volgare e all’interno della quale l’unico reale interesse sembra essere rappresentato dalla squadra di calcio della Lazio) da perdere totalmente di credibilità.
Uno script così piatto e così privo di personalità, purtroppo ha inevitabilmente influito anche sulla resa finale delle performance degli stessi attori protagonisti, vedendo ridotti persino i bravi Bentivoglio e Gassman alla stregua di vere e proprie macchiette, per un prodotto cinematografico che non può che essere definito superfluo e del quale ben presto ci si dimenticherà, finendo irrimediabilmente per confonderlo con numerosi altri lavori che gli somigliano a che si somigliano tutti tra loro.
Marina Pavido