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Crimes of the Future

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VOTO: 5

Surgery is the new sex

L’avvenire è nella plastica: è una celebre battuta de Il laureato che prefigurava l’importanza che i polimeri sintetici avrebbero assunto nella nostra vita quotidiana, nell’industria e dell’economia. In un film del 1968, quale quello di Mike Nichols, si faceva una predizione del futuro, di un crimine del futuro come oggi sembra chiaro nella consapevolezza ambientale che abbiamo acquisito. Nel 2022 arriva, buon ultimo, il grande David Cronenberg che prefigura un mondo prossimo venturo dove l’uomo potrà arrivare a nutrirsi di plastica, ulteriore tappa di una contaminazione tra organico e sintetico. Tutto ciò nell’ultima opera del maestro canadese, Crimes of the Future, presentata in concorso al 75 Festival di Cannes.
La valutazione di cui sopra fa capire già l’avvenuta obsolescenza di un cinema, come quello di Cronenberg, che è stato all’avanguardia nel tratteggiare le mutazioni, le contaminazioni tra uomo e macchina, tra corpo organico e materiale sintetico. L’autore ha saputo cogliere, e denunciare, in modo straordinariamente acuto, delle tensioni sociali in tal senso, delle pulsioni umane, dei cancri meccanici che, stavano degenerando in metastasi dell’uomo. Tutto questo tra gli anni Ottanta e Novanta, un’epoca in cui sono emersi talenti cinematografici capaci di mettere in scena il disturbante e il marcio dell’umanità, come per esempio David Lynch. Ora l’immaginario di Cronenberg appare inevitabilmente datato, retrò al quadrato. Ben altra cosa era la contaminazione con le videocassette, anch’esse di plastica e nastro magnetico, di Videodrome, nel pieno dell’epoca della proliferazione dell’home video analogico. La realtà stessa sembra andare ben oltre l’immaginario cronenberghiano. L’artista ORLAN da decenni fa quello che fanno i protagonisti di Crimes of the Future, ovvero operazioni di chirurgia come body performance, facendosi impiantare per esempio delle piccole corna sulla fronte, laddove nel film di Cronenberg abbiamo corpi ricoperti interamente di orecchie. E basta vedere un film presentato lo stesso giorno sulla Croisette, però nella Quinzaine des Réalisateurs, De humani corporis fabrica, come le stesse ossessioni cronenberghiane possano essere messe in scena, in modo davvero disturbante, attingendo alla quotidianità dei reparti di un ospedale.
Crimes of the Future riprende il titolo di uno dei primi film del cineasta canadese, un lavoro molto underground del 1970, titolo ispirato al brano di un poeta che si vede nel film danese Fame del 1966 di Henning Carlsen. Una suggestione che avrebbe indotto il giovane David Cronenberg a diventare regista per raccontare ed esplorare i crimini del futuro. Ma quest’ultimo Crimes of the Future sembra più che altro il Bignami del cineasta. Ci sono, vero, richiami al cinema classico, in quel letto organico, l’OrchidBed, dotato di software in grado di venire incontro a ogni esigenza corporale, che sembra una nuova tomba dove riposa Dracula. Per il resto il campionario del regista è sempre quello. L’evoluzione del corpo umano verso una nuova umanità che procede per contaminazioni e infezioni, le mutazioni che diventano una forma di spettacolo, la perform surgery, l’apertura e la penetrazione di nuovi e inediti orifizi, cicatrici che si aprono nel corpo come nuove vagine o nuove orecchie, anomale forme di sessualità al motto “Surgery is the new sex”, immagini di repulsione che si compenetrano con scene di erotismo patinato alla Playboy. Il tutto però finisce per diventare semplicemente verboso, pesante e piatto. Gli spettacoli di perform surgery sono delle manifestazioni di puro underground, fatte in vecchi teatrini scrostati, proprio come lo erano i primi film del regista, e testimoniano quella esigenza dell’autore alla rappresentazione interna come a manifestazioni clandestine (vedi le gare di scontri in Crash).
Crimes of the Future viene salutato come un ritorno del regista alla fantascienza con declinazione horrorifica, che non bazzicava più almeno da eXistenZ, già un’opera derivativa rispetto all’apice del suo cinema. Ma in realtà tutto il cinema di Cronenberg è di fantascienza, fatto di fusioni, liquefazioni, ibridazioni ancorché metaforiche, e la sua è sempre stata una fantascienza interiore, vicina a quella dello scrittore James Ballard da cui non a caso ha tratto il libro Crash. Con il nuovo Crimes of the Future non aggiunge nulla al suo immaginario. Eppure la prima scena del film faceva tanto sperare: un futuro di degrado con l’immagine di uno sfondo marittimo con una grande nave rovesciata. Ricordava molto le scene italiche del naufragio della Costa Concordia. Anche in questo la realtà già ci era arrivata.

Giampiero Raganelli

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