La potenza trasformatrice del teatro
Gli applausi scroscianti in sala e le lacrime del regista Fujita Naoya alla prima proiezione internazionale di Confetti, avvenuta durante la 26esima edizione del Far East Film Festival presagivano già la votazione finale del pubblico: meritatissimo secondo posto Audience Awards per il giovane cineasta nipponico, che con il suo lungometraggio d’esordio ha commosso profondamente l’intera platea del Teatro Nuovo Giovanni da Udine.
Confetti (in italiano Coriandoli) è un film adolescenziale in senso lato; la crescita del protagonista, Yuki (interpretato da un eccelso Matsufuji Shion), passa infatti attraverso la potenza trasformatrice del teatro, assurto a protagonista esso stesso, in una mescolanza tradizione/modernità che mostra un Giappone al contempo antico ed attuale. Yuki è il giovane figlio del capocomico di una compagnia di teatro popolare, in cui si esibisce come attore, che sceso dal palco è uno studente liceale costretto a cambiare scuola ogni mese dalla natura itinerante della compagnia; arrivati a Tokyo, Yuki farà amicizia con Ken (Saito Jun) e Maya, stabilendo per la prima volta un legame profondo con i suoi coetanei al di fuori del teatro e sviluppando con loro un percorso di crescita e definizione di sé. Destinato ad una carriera di attore, Yuki si interroga se la sua vocazione sia reale; Ken è invece uno studente brillante che però si annoia a frequentare la scuola ed ha una passione per le idol-pop, in particolare per Asaka; Maya è l’ex ragazza di Ken, anch’ella brava studentessa e preoccupata per le sue continue assenze. L’amicizia tra Yuki e Ken, favorita dall’insegnante di matematica che manda il primo a portare i compiti a casa al secondo, si scontra inizialmente con il carattere introverso di entrambi; ma proprio il teatro, l’essere diverso dalla massa di Yuki, porterà i due ad un confronto consapevole e proficuo ed alla nascita di un legame profondo.
Non è la prima volta che il teatro giapponese viene raccontato, descritto, documentato, in un’opera cinematografica; oltre ai classici Nō e Kabuki, per esempio, nella sezione Ottobre Giapponese del Ravenna Nightmare Film Fest 2019 e 2020 ne avevamo potuto ammirare diverse forme ed interpretazioni, dall’antica farsa Kyōgen di Falò all’alba di Koichi Doi alla tradizione del Kiraigō, o “Recita dell’inferno”, rappresentazione sacra di storie di demoni e di salvezza descritta in Kiraigō. Il villaggio dove vivono Buddha e i demoni dai registi Murayama Masami, Kataoka Nozomi e Inoue Minoru.
La cornice scelta dall’empatico regista Fujita, su sceneggiatura originale di Kaneko Suzuyuki, è invece quella del teatro popolare, il Taishū engeki; definito “teatro leggero” come la rivista e il varietà, poco apprezzato dalla critica ma molto dalla popolazione, unisce il melodramma in stile kabuki a numeri di danza tradizionale Nihon-buyo sulle note ad esempio del J-pop. E la potenza visiva ed emozionale del teatro irrompe sullo schermo con una forza intrinseca inarrestabile, così come l’interpretazione di personaggi femminili del giovane Matsufuji Shion, che sul palco si trucca, indossa un kimono e si muove con grazia e fluidità nella danza ed è capace al contempo di commuovere il pubblico con la sua intensità attoriale. Ed il mestiere dell’attore è anch’esso al centro della storia; a dispetto della giovane età, Yuki ha un approccio serio verso l’arte e sul palco si trasforma letteralmente, lasciando dietro le quinte lo studente liceale e diventando il personaggio che sta interpretando, con una maturità attoriale che fa trasparire una vocazione profonda e capace di arrivare al cuore dello spettatore.
Con Confetti, Fukita Naoya ha realizzato una perla delicata e potente, in cui sentimenti ed emozioni vengono filtrati attraverso l’Arte mostrando al contempo la professionalità di un mestiere che troppo spesso, qui in Italia, non viene preso seriamente; la sua regia coinvolgente e suggestiva riesce a toccare le corde più profonde dell’anima, senza trascurare una ricerca ed una messa in scena accurata di una forma d’Arte che, da sempre, unisce commozione e divertimento in un tutt’uno inscindibile, per arrivare al cuore dello spettatore.
Michela Aloisi