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Conferenza stampa: Mostra sul centenario di Alberto Sordi

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Cento di questi anni di te e di noi

È l’atmosfera delle grandi occasioni quella che si respira nella Sala della Promoteca, in Campidoglio. È il giorno del centenario della nascita di Alberto Sordi, uno dei più grandi attori del cinema italiano, uno dei più importanti rappresentanti di Roma e della romanità nel mondo. Quale momento migliore, dunque, di questo 15 giugno 2020, per presentare la grande mostra a lui dedicata e che, rimandata forzosamente a causa dell’epidemia di Covid-19, aprirà finalmente i battenti il prossimo 16 settembre, all’interno della villa in cui egli ha vissuto fin dal 1954. Si tratta di una bellissima dimora ideata dall’architetto Clemente Busiri Vici, costruita nel 1932 con affaccio sulle Terme di Caracalla e abitata inizialmente da un gerarca fascista.

Prende la parola Alessandro Nicosia, curatore e organizzatore degli Eventi per il Centenario Sordi, il quale, dopo i dovuti ringraziamenti alla sindaca di Roma Virginia Raggi per l’impegno profuso nel sostenere l’iniziativa, passa a presentare il progetto, gli ospiti e la figura di Sordi, scomparso il 24 febbraio 2003. Il ricordo va a un altro 15 giugno, quello di vent’anni fa in cui, in occasione del suo ottantesimo compleanno, l’allora sindaco Francesco Rutelli (presente in sala) ha nominato il celebre attore primo cittadino per un giorno. È stato quasi il naturale compimento di un legame fortissimo fra Sordi e Roma, tanto che egli ebbe a dire una volta “amo pazzamente questa nostra città e mi diverto a scoprirla ogni giorno, anche nei miei film. Ho girato tutto il mondo. Ma non ho mai visto un posto più bello”. Una passione che gli permise di analizzare e mettere in scena vizi e virtù della Capitale d’Italia, tanto da arrivare, come sottolinea ancora Nicosia, ai livelli che solo Belli e Trilussa hanno raggiunto. A questo punto è il turno della padrona di casa, della sindaca Raggi, visibilmente emozionata e felice di presenziare all’evento. “Sordi è stato un attore straordinario” esordisce “che ha saputo descrivere i romani in modo pungente, ironico e malinconico. Ci ha fatto identificare con i suoi personaggi, e questo indica una grande empatia. Da osservatore attento quale era, Sordi ha raccontato l’umanità di quella Roma che amava definire ‘un misterioso stato d’animo, un’atmosfera, una condizione sentimentale più che una città’. È quindi una parte importante della città, e continua ad esserlo”. Sta proprio a Virginia Raggi approfittare dell’evento per annunciare l’intenzione del comune di dedicare la piazza antistante la villa ad Aurelia Sordi, sorella di Alberto scomparsa nel 2014. Un omaggio dovuto, dal momento che è stata proprio lei a pensare alla Fondazione Alberto Sordi e all’utilizzo dell’edificio come esclusiva sede museale dedicata alla memoria del fratello. Prende la parola anche Albino Ruberti, capo di gabinetto del presidente della Regione Lazio, in rappresentanza di Nicola Zingaretti (assente per non meglio precisati “impegni istituzionali”) che coglie l’occasione per ricordarci i tempi difficili in cui viviamo, la crisi in cui siamo precipitati e che soprattutto il cinema sta vivendo. La Settima Arte è infatti una delle industrie più importanti del Lazio, è necessario dunque tutelarla, valorizzarla e sostenerla in un momento di straordinaria complessità. Si spera che iniziative come questa siano efficaci anche in tal senso. Giambattista Faralli, vicepresidente della Fondazione Alberto Sordi, passa a elencare molti dei futuri progetti legati alla villa che, come prevede lo statuto stesso, può essere utilizzata solo come sede della fondazione e del museo, in caso contrario deve essere donata interamente al Comune di Roma. Per Tale motivo, una volta terminata la mostra all’inizio del 2021, questa è destinata ad essere sede permanente del museo dedicato alla memoria di Alberto Sordi, la cui realizzazione è possibile grazie all’esistenza dell’enorme archivio presente all’interno. L’attore, infatti, era famoso per conservare qualunque cosa, dalle più importanti lettere ai più banali scontrini. Tutelati ora dal vincolo della Soprintendenza Archivistica del Lazio per il loro “particolare interesse storico”, i documenti sono dunque una delle pietre angolari del museo che, tra l’altro, intende aprire i suoi spazi anche ad altre iniziative così da diventare un punto di riferimento fisso e rilevante all’interno del panorama culturale romano e italiano.

Dopo la lunga e doverosa introduzione alla mostra e alla casa museo, è il momento dei ricordi personali di chi ha conosciuto Alberto Sordi e di chi ha avuto con lui particolari legami professionali e d’amicizia.

Il primo a prendere la parola è Edoardo Pesce, colui che ha interpretato brillantemente lo stesso artista nel recente film Permette? Alberto Sordi. È un intervento breve, in cui Pesce ci tiene a ricordare che nella pellicola si è voluto dare spazio a una importante qualità di Sordi, cioè la tenacia. E’ quella che gli ha permesso di superare i primi tempi, nonostante avesse incontrato, com’è noto, anche la sonora bocciatura dell’Accademia dei Filodrammatici di Milano, dove gli venne miopemente suggerito di abbandonare la sua carriera di attore perché totalmente privo di talento. Senza tenacia, Sordi non avrebbe insistito per la sua strada e il cinema italiano avrebbe perso uno dei suoi più grandi interpreti. Christian De Sica è protagonista di un altro breve ma affettuoso intervento, nel quale ricorda lo “zio Alberto”, cui è ancora legato da un sentimento di profondo affetto, una persona praticamente di famiglia che lo ha incoraggiato e a cui si è fortemente ispirato soprattutto all’inizio della sua carriera.

A Massimo Ghini spetta il racconto di due interessanti aneddoti, il primo riguardante il suo incontro con Francis Ford Coppola, a fine anni ‘90, in occasione di uno spot in cui da protagonista reinterpretava alcune famose scene de Lo sceicco bianco. Il grande regista americano, chiese a uno stupefatto Ghini di rifare il famoso “passetto” di Alberto Sordi, da cui Coppola era molto divertito. È un piccolo episodio che però la dice lunga su come l’inconfondibile mimica dell’attore romano fosse nota ormai ovunque. L’altro aneddoto avviene invece durante il funerale che, diciassette anni fa, ha visto accorrere grandi folle commosse alla camera ardente allestita in Campidoglio. In quell’occasione venivano trasmesse su alcuni pannelli le più famose scene dei film di Sordi e, mentre era in un momento di raccoglimento accanto a Waler Veltroni (anch’egli presente in sala in prima fila), Ghini si era accorto che veniva proiettata in quell’istante una sequenza di Piccola posta, con Franca Valeri. Senza volerlo, si era trovato istintivamente ad anticipare una divertente battuta su cui lui e Veltroni erano subito scoppiati a ridere assieme, incapaci di smettere malgrado fossero imbarazzati di fronte al resto del pubblico che, in un momento tanto triste, li vedeva ugualmente divertiti grazie all’attore appena scomparso. È un ricordo malinconico che chiude il suo intervento e lascia spazio a quello molto atteso di Carlo Verdone, spesso considerato una sorta di “figlioccio” di Sordi, con il quale ha recitato assieme per la prima volta nel popolare In viaggio con papà, del 1982 (accadrà ancora in Troppo forte, nel 1986). Ma Verdone non parla di episodi o aneddoti che li hanno visti protagonisti, e dei quali tra l’altro ha già parlato ampiamente in passato, ma preferisce ricordare come Alberto Sordi sia stato il simbolo di un cinema, quello degli anni ‘50 e ‘60, che rifletteva una certa Italia. Un’Italia che vedeva un orizzonte luminoso, positivo, sgombro dalle nubi del passato. Un’Italia che si lasciava alle spalle le macerie della guerra e procedeva verso il benessere, supportato anche da una classe intellettuale di notevole caratura. Non a caso, ci tiene a ricordare Verdone, molti dei film di Alberto Sordi hanno avuto il loro meritato successo perché scritti da autori di primo livello e perché girati da ottimi registi. Era un lavoro di squadra fatto da eccellenze, come allora in Italia se ne contavano molte. L’ambiente culturale era straordinario e ha prodotto indubbiamente il migliore periodo cinematografico di Alberto Sordi. Non che siano mancati per lui i buoni film negli anni ‘70 o negli anni ‘80, ci tiene a precisare l’attore e regista, ma i decenni precedenti hanno sicuramente avuto un qualcosa in più, come anche lo spirito del paese. A questo si aggiunge, prosegue Verdone, la carica recitativa di Alberto Sordi che, invece, era qualcosa di completamente diverso da quello che si era visto fino ad allora. Essa stravolgeva le regole accademiche, lo vedeva stringere i tempi, lanciare le battute mentre gli altri finivano le loro, rivoluzionare il linguaggio attoriale. Una capacità unica, come unico era il suo volto, si tratta di qualcosa che lo pone di diritto nell’olimpo della commedia dell’arte. Chiusa anche la serie di interventi più personali, c’è tempo per una bella sorpresa anticipata da Italo Ormanni, presidente della Fondazione Alberto Sordi, che dona al Campidoglio una storica, originale locandina del film Il vigile, non a caso portata in sala proprio da due agenti della polizia di Roma Capitale.

Si conclude così, tra grandi applausi, la presentazione di quella che sarà la mostra dedicata al centenario della nascita di uno degli attori italiani più famosi e più amati di sempre. L’immancabile appuntamento per tutti è a settembre.

Massimo Brigandì

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