«Dentro il Montalbano tutto d’un pezzo scopriamo una crepa»
«Montalbano sta tornando e il pubblico lo aspetta con ansia»: questa è stata una delle prime frasi della moderatrice Rai, Anna Fraschetti, durante l’introduzione alla conferenza stampa. Il commissario Montalbano, è assodato ormai, ha un seguito incredibile, persino con le repliche e avvisiamo gli spettatori che non avessero letto il romanzo da cui è tratto il film tv che, questa volta, sarete spiazzati più che mai. Ritroverete «la stessa squadra, ma anche molti temi nuovi; le stesse atmosfere a cui, da sempre, Camilleri ci ha abituato, ma con tante tante sfaccettature nuove», ha tenuto ad aggiungere. Gli interventi sono diversi per cui si passa subito ad approfondire questa nuova avventura che, per ora, dovrebbe/potrebbe essere l’ultimo film tv tratto dai romanzi de “Il commissario Montalbano”, ma staremo a vedere come si evolve la situazione.
Stefano Coletta, direttore della Rete Ammiraglia: «Da parte di Rai 1, posso soltanto esprimere la grande felicità di ritrovare lunedì 8 marzo, subito dopo il Festival di Sanremo, questo appuntamento davvero così strategicamente, che accompagna i telespettatori da tantissimi anni; mi sento soltanto di dire che, in questa epoca di vaghezza emotiva di ambivalenza sentimentale per tutto quello che stiamo vivendo, la solidità di questo episodio troverà grande approdo nel pubblico. Abbiamo avuto modo di conoscere tutti, nei numerosissimi episodi che sono stati trasmessi, la capacità ritrattistica di Camilleri, il quale, questa volta, apre anche a dei temi molto, tra questi uno tra quelli letterari più profondi è quello della perdita del controllo. Assisteremo alla passione come allontanamento e disturbo alla ratio. Si tratta davvero di un ennesimo lavoro pregiato, accurato in queste dicotomie nette non solo nella ritrattistica ma anche nei sentimenti. Da parte mia il grande umile tributo alla produzione Palomar con Carlo Degli Esposti, Nora Barbieri, Nicola Serra con Max Gusberti e ovviamente a Luca Zingaretti e a tutti gli attori e le attrici».

Maria Pia Ammirati, direttrice di Rai Fiction: «Montalbano è un protagonista dell’immagine nel nostro Paese e direi nel mondo. È il testimonial di un’italianità precisa, che parte proprio da Luca Zingaretti, impareggiabile interprete di questo circuito virtuoso del glocal, che comincia proprio dalla Sicilia, dalla bellezza naturale, dalle grandi scenografie, che naturalmente ci riportano naturalmente a due mancanze: quella del regista Alberto Sironi e ovviamente quella di Camilleri. Il patto di fiducia che Montalbano ha stretto coi nostri telespettatori è un tipo di patto che non tradisce, che non si piega mai compromessi. Montalbano va dritto per la sua strada, protetto dal proprio disincanto e dalla forte ironia da cui non si separa mai, avendo attorno un mondo velenoso e pieno di trappole. L’attore che ha preso corso dentro il personaggio per noi è un valore imprescindibile.
In questo film scopriamo che dentro il disincanto del grande personaggio c’è una crepa ed è finalmente qualcosa che forse ci aspettavamo da un po’. Questa frattura darà qualche emozione rispetto all’immagine del Montalbano tutto d’un pezzo».
Carlo Degli Esposti, produttore storico di Montalbano: «Con Il metodo Catalanotti siamo a quota 37. Questo film è tratto da un romanzo molto importante di Andrea: è un punto di snodo del racconto di Montalbano, che dà la circolarità della passione e del tradimento. Dentro questo romanzo Camilleri vi ha inserito tutta la sua immensa passione per il teatro. È uno degli ultimi tre film che abbiamo prodotto dentro a una tempesta perfetta, che ci ha fatto sparire il nostro Andrea Camilleri – nostro timoniere in questi vent’anni – e fatto venire a mancare di botto, mentre stavamo girando, Alberto Sironi. Luca ha preso il timone da vero comandante in seconda e ha portato in fondo questi tre film. È bello che quest’anno, con la casualità delle date, vada in onda nel giorno dedicato alle donne perché un grande trionfo della femminilità vista da tante angolature differenti. Tutti chiedono cosa succederà di Montalbano… È trascorso un anno e poco più dalla nostra tempesta perfetta e ci siamo detti che è presto per parlarne. Ci sarà un momento, dopo la fine del covid, in cui prenderemo una decisione sul futuro. Ora preme dirvi che per me, il cast artistico e tecnico e il pubblico Montalbano è eterno».
Luca Zingaretti: «I problemi che abbiamo dovuto risolvere affrontando questo testo. Camilleri opera quella che potrei definire una ‘sorta di tradimento’ nei confronti del suo personaggio, nel senso che per tanti anni ci ha abituati a un uomo affezionato alla sua terra, alle sue nuotate mattutine, ai suoi uomini e soprattutto alla sua donna che, se è vero che viveva lontano da lui, era un po’ come uno specchio che Montalbano usava per fare un po’ il punto della propria esistenza. In questo romanzo è come se l’autore avesse fatto fare a Cappuccetto Rosso una rapina in banca. Noi abbiamo adottato, per esempio, da un punto di vista recitativo, una recitazione che potremmo definire un po’ alla commedia dell’arte, basti pensare ai duetti con Mimì Augello. Qui arriva una ragazza, incarnata da un’attrice, oltre che bellissima, molto brava, la quale porta in scena una sensualità rara e il commissario viene completamente steso. Viene messo in crisi tutto il proprio sistema. Un terremoto di una tale portata, che mi ha fatto saltare sulla sedia, andava trasportato sullo schermo con una certa energia. Credo che questo ultimo episodio rimarrà nel cuore degli spettatori, da un lato perché, forse Camilleri presagendo la sua fine, scrive come se fosse un suo testamento, toccanti temi a lui molto cari – dal teatro alla giovinezza di cui vorrebbe impadronirsi mediante il possesso di un personaggio giovane».

Francesco Bruni(co-sceneggiatore insieme allo stesso Camilleri, Salvatore De Mola e Leonardo Marini): «Ho guardato questa puntata come se non l’avessi scritta e, in questo, voglio fare un grandissimo complimento a Luca Zingaretti in quanto regista perché questo lo verifico quando una mia sceneggiatura o, come in questo caso, di gruppo, finisce nelle mani di un regista che sa il fatto suo restituendo l’impressione di qualcosa di nuovo. Questo è dovuto a Luca, ma anche alla presenza di tre straordinarie interpreti come Greta, Marina Rocco e Antonia Truppo. Ci sono due personaggi femminili – quelli incarnati da Greta e Antonia – che sono di una modernità incredibile».
Alcune domande dei giornalisti
D: Per Luca Zingaretti: Dal momento che ormai i racconti sono qua esauriti, mancano se ho fatto un conto esatto, soltanto due tra cui il postumo “Riccardino”. C’è almeno vagamente un’idea di poter trasformare anche questi due rimanenti e, in particolare Riccardino, in un nuovo e forse ultimo prodotto?
Luca Zingaretti: «Come ho affermato prima, non sono scuse, per noi è stato un terremoto terribile perdere dal 17 agosto del 2019 fino al primo febbraio del 2020 Andrea Camilleri e Alberto Sironi e recentemente si è aggiunta anche la scomparsa di Luciano Ricceri, il quale è stato non solo uno scenografo ma un co-autore che ha interpretato la parola scritta di Andrea con una sapienza più unica che rara. Ora è ancora troppo a caldo. Al momento mi sento ancora in una sorta di limbo, quando il lutto sarà elaborato e il tempo e la vita riprenderanno a scorrere vedremo».
D: Per Zingaretti: ci può parlare del suo rapporto con Montalbano sia come interprete che come regista in questi ultimi tre episodi?
L. Zingaretti: «È stato faticoso e ci voleva anche coraggio nel prendere l’eredità della regia. Voglio ringraziare i miei colleghi che mi hanno supportato in tutti i modi perché ho dovuto prendere all’improvviso il timone della barca e senza il loro aiuto non ce l’avrei fatta. Sironi e Ricceri erano i miei complici compagni di trincea con cui mi misuravo tutti i giorni. È una serie importante per me come uomo e come attore.
Quando presi, per la prima volta, un romanzo di Camilleri, lo comprai per simpatia quando lo collegai a lui. Lo lessi dopo qualche mese e fu subito amore a prima vista. A Montalbano innanzitutto ho lasciato… i capelli – scherzo ovviamente. Da attore capii che era un personaggio meraviglioso da interpretare perché dietro c’era un autore che raccontava la propria esperienza ed esistenza. Ho amato profondamente il ruolo creato da Camilleri. Mi piace il suo senso della giustizia, il suo non avere il ‘prezzo col cartellino attaccato alla giacca’ perché non è uno che si vende… apprezzo molto la sua integrità e ne ho fatto tesoro di tutto questo. Credo di aver dato tanto a Montalbano, lo stesso Camilleri non si immaginava me in quel ruolo, ma Pietro Germi. Penso di avergli trasmesso tante capacità professionali e qualcosa dei miei difetti umani».

D: Per Cesare Bocci: siete sempre stati fedeli a questa squadra così affiatata…
Cesare Bocci: «Siamo stati fedeli a quello che ci ha divertito per tanti anni, l’ultima volta è stato amaro perché è stato un anno orribilis. Ci siamo supportati, mancava Alberto, però siamo andati avanti. Per quanto mi riguarda, il ruolo di Mimì è ciò che mi poteva capitare di meglio».
D: Per Zingaretti, cosa pensa dell’attuale situazione teatrale, riferendosi anche alla recente iniziativa “Facciamo luce sul teatro”…
L. Zingaretti: «Sono tra i soci fondatori dell’associazione U.N.I.T.A., abbiamo fatto molte cose in questo periodo e abbiamo raggiunto dei successi importanti come, ad esempio, essere riconosciuti dalle istituzioni così da poter avere la possibilità di un confronto, soprattutto per gli attori che si son visti chiudere i teatri in faccia siamo riusciti ad ottenere dei ristori. Il 22 febbraio ero davanti all’Auditorium Parco della Musica insieme ad altri colleghi per l’iniziativa “Facciamo luce sul teatro!”, non per riaprire i teatri domani, però per attirare l’attenzione da parte delle istituzioni per far sì che appena possibile ci possa essere una riapertura studiando già da adesso dei protocolli di sicurezza. Se si perde l’abitudine di andare a teatro, che è qualcosa che tiene insieme il tessuto della cultura di un Paese, è un problema».
D: Per Greta Scarano: lei dà corpo ad Antonia, la donna che metterà in crisi il commissario…
G. Scarano: «Sono molto felice di aver fatto parte di questo lavoro, ho conosciuto Alberto (Sironi), abbiamo lavorato un po’ insieme e poi mi sono rapportata con Luca e posso solo immaginare la nostalgia che provano le persone che per vent’anni hanno realizzato Montalbano perché la percepisco io per quei giorni in cui abbiamo girato nel ragusano. Mi sentivo leggermente un’aliena, entrare in un contesto così ‘familiare’ e dover rappresentare un personaggio che sconvolge il mondo di Montalbano e lo schema in cui vivono sia lui che le persone che lo circondano è stata un’esperienza divertentissima. Anche io dovevo trovare un compromesso sostenibile tra la loro recitazione – sempre leggermente sopra le righe che contraddistingue questo tipo di commedia -, e il mio essere diversa, dovendo inserire anche una sorta di realismo. Rappresentare un ‘terremoto’ per un attore è bellissimo».

D: Per il cast femminile: vi siete mai sentite, sia a teatro che al cinema, dirette da qualcuno che riusciva ad «entrare nei pensieri più reconditi» e, come afferma, Eleonora Ortolani/Marina Rocco: «era come una cura coinvolgerci nel suo gioco»?
Marina Rocco: «A tutti gli attori ne sono capitate tante, mettiamo in gioco le nostre persone quando lavoriamo e quindi la cura e la malattia sono sempre dietro l’angolo. Ho lavorato con loro – con Sironi al provino – e ho trovato molta profondità nel divertimento… Uno come Catalanotti non l’ho mai incontrato e spero che non avvenga neanche in futuro».

G. Scarano: «C’è sicuramente chi vuole lavorare su certe profondità, ma non mi è mai capitato di arrivare al punto di perdere il controllo. Sicuramente con registi sensibili e intelligenti si può arrivare ad una sintonia tale che non servono più parole, a me, per esempio, a volte è successo, e da attrice diventi quasi una medium tra quello che vuole rappresentare il regista, quello che vuoi trasmettere tu e quello che la storia sta raccontando. Sono attimi magici e a loro modo anche terapeutici. Mi è capitato che qualche regista mi spronasse ad uscire dalla mia zona di comfort e anche questo è molto terapeutico, soprattutto per un’attrice tecnica come me».

Antonia Truppo: «Ho recitato per quindici anni con Tato Russo e non è stata una passeggiata, però se avessi avuto una sorta di Catalanotti mi sarei molto ribellata. Sicuramente nel teatro c’è tanta psicologia ed effettivamente è un percorso terapeutico, ma si spera anche sopravvivere. È bello farsi toccare, però è anche un gioco. Forse col metodo Catalanotti questi artisti avevano perso la dimensione del gioco».

Appuntamento a lunedì 8 marzo, h 21.25, in prima assoluta su Rai1, per Il Commissario Montalbano – Il metodo Catalanotti.
Maria Lucia Tangorra