La “nostra” carneficina: dal teatro al cinema
E’ senza dubbio il vincitore non proclamato dalla giuria, ma amato da critica e pubblico in questa 68 Mostra del Cinema di Venezia e nelle sale italiane.
Presentato in concorso in anteprima mondiale il 1° settembre 2011, Carnage di Roman Polanski si è rivelato subito per la sua qualità di saper fare Cinema partendo da una partitura drammaturgica perfetta e innegabilmente calibrata sulla scatola teatrale. “Le dieu du carnage” (2007) della scrittrice franco-iraniana Yasmina Reza ha conseguito, infatti, prestigiosi riconoscimenti quali 3 Tony Awards e il Laurence Olivier Awards come best new play, è stato portato in scena con successo anche in Italia (nella traduzione teatrale di Alessandra Serra, regia di Roberto Andò con Anna Bonaiuto, Alessio Boni, Michela Cescon e Silvio Orlando, produzione Nuovo Teatro) e non ci meraviglia che un maestro come Polanski si sia innamorato di questo testo, così denso e abile nel colpirci in profondità facendo sorridere amaramente, “a specchio”, di noi stessi e di chi ci è attorno.
A presenziare la conferenza stampa veneziana tre dei quattro protagonisti, John C. Reilly, Christoph Waltz e Kate Winslet (assente Jodie Foster), l’autrice e co-sceneggiatrice Yasmina Reza e il compositore della colonna sonora Alexandre Desplat; a moderare il dibattito il giornalista Enrico Magrelli.
Di seguito l’interessante e divertente confronto tra il cast artistico e tecnico di Carnage e la stampa.
Prendendo in prestito le note di regia di Roberto Andò scritte in occasione dell’allestimento italiano de “Il dio della carneficina” (debutto nella stagione 2008-2009), tentiamo di suggerire ai nostri lettori il filo che lega le intenzioni teatrali della Reza e l’adattamento cinematografico (anche se solo la visione del film potrà essere chiarificatrice con la sua sottile differenza). «La Reza non crede alle magnifiche sorti e progressive dell’uomo contemporaneo, bene informato, diligente servitore di generiche cause morali, coattivamente alla ricerca, per sé, di improbabili attestati di civiltà e buone maniere. Riesce così, di quest’umanità, a scovare il sottofondo barbarico, nichilista, meschinamente incapace di condividere un pur minimo progetto comune».
Il giornalista a cui tocca aprire la conversazione esordisce complimentandosi per il film, si rivolge quindi all’autrice giudicando Carnage di un pessimismo totale e la interroga sulla soluzione finale ritenendola “troppo facile rispetto a tutto il pessimismo finale”.
Yasmina Reza: “Questo film è tratto da una pièce che avevo scritto e che terminava in modo molto differente, totalmente noir e senza alcuna speranza. […] I quattro personaggi restavano in una desolazione totale. Questa volontà di finale aperto proviene da Roman; è un po’ difficile per me rispondere al posto suo. Quando abbiamo lavorato sulla sceneggiatura insieme, mi sono sforzata di rispondere al suo universo, io ero lì per servirlo e lui non ha voluto terminare in modo noir, ma con una nota di speranza per le generazioni future”.
Si prosegue chiamando in causa gli attori protagonisti.
D: (per K. Winslet) In particolare da The Holiday (2006) in poi lei ha realizzato film molto incentrati sulla famiglia, è un tema che le sta particolarmente a cuore o è una casualità? Quale opinione ha del nucleo della famiglia?
Kate Winslet: “Quando sei un genitore che proviene da una famiglia molto grande e chiusa com’è per me, penso ci sia una parte delle proprie emozioni da comporre e mi son ritrovata inconsciamente ad affogare in questo tipo di storie che includevano tutti i membri familiari, la complessità delle dinamiche familiari, soprattutto i bambini e l’essere genitori. […] Quando Roman mi ha contattato per essere coinvolta in “God of carnage”, innanzitutto quando Roman Polanski ti invita a partecipare in qualsiasi progetto, non devi dire mai di no, lo script era talmente straordinario e avevo visto lo spettacolo teatrale a New York per cui ero diventata una fan della pièce. Mi sono sentita estremamente fortunata ad essere inclusa”.
D: Com’è stato lavorare con Roman Polanski in un riadattamento di una pièce teatrale così prestigiosa?
J. C. Reilly: “Come ha detto Kate, quando Polansky chiama… […] Questa è una storia preziosa, sono state sei settimane molto intense in un appartamento e son stato felice di questo lavoro”.
C. Waltz: “E’ senza dubbio emozionante ricevere una telefonata da Roman Polanski, doppiamente emozionante se vuoi partecipare a un testo scritto da Reza, ma finita l’eccitazione del primo giorno e mezzo ci siamo dedicati interamente al nostro lavoro ed è realmente iniziato il film. E’ lì che mi piace Roman Polanski”.
D: (a tutto il cast) Com’è stato lavorare con un cast di grandi attori, che hanno metodi diversi? E’ più facile o più difficile confrontarsi con qualcuno che è bravo quanto voi?
K. Winslet: “C’è una cosa che vorrei dire e che so che Roman direbbe se fosse qua perché l’ha ripetuto più volte sul set…tutti noi, anche Jodie che è assente oggi, siamo andati d’accordo insieme fin dal primo giorno delle prove perché tutti abbiamo provato un senso di trepidazione particolare fin dall’inizio del progetto sia per la pièce scritta sia per la possibilità di lavorare col grande Roman Polanski. La paura di lavorare con altri grandi attori è stata livellata proprio dalla naturale collaborazione nata tra di noi e Roman stesso ha confermato affermando che non ha mai incontrato un gruppo di attori dove non ci fosse mai competizione l’un con l’altro”.
C. Waltz: “Abbiamo lavorato insieme su ruoli diversi ed è estremamente utile per essere diversi e avere diversi approcci. Quando ho visto il film c’è stato un aspetto in particolare che mi ha emozionato, abbiamo mantenuto il nostro stile personale di recitazione e questo era chiaro pur essendoci cimentati in una prova comune, eravamo sul palcoscenico (durante le due settimane di prove) ma abbiamo comunque mantenuto il nostro modo individuale di agire ed abbiamo tirato fuori il nostro stile. Io non mi occupo della metodologia, io recito solamente”.
J. C. Reilly: “Non mi sono fatto domande sul mio valore rispetto agli altri attori. Dopo la telefonata ho avuto qualche ansia ma giorno dopo giorno mi sono concentrato sul compito da fare. […] Continuavo a bere espresso per reggere i giorni di lavoro mentre Roman, che è più grande di me, era l’ultima persona a dire let’s go on, we are tired”.
D: (per K. Winslet) Come ha affrontato la scena del film in cui ha dovuto vomitare con le funzioni intestinali che prevalgono su tutto il resto?
K. Winslet: “Per quanto riguarda il libero sfogo delle mie funzioni intestinali ogni donna che ha affrontato un parto può sicuramente capire. […] E’ la seconda volta che ho dovuto affrontare una scena simile, anche in Mildred Pierce, in questo caso ho dovuto tenere in bocca una gran quantità di vomito e come immagina non è stato piacevole, indossavo questa tuta blu ed il giorno della scena è rimasto nella memoria di tutti noi perché qualsiasi cosa si era impregnata di quello sgradevole odore, nelle dita, nei capelli”
C. Waltz con humour british acquisito interviene: “Il vomito era stato preparato su ricetta segreta di Roman”.
J. C. Reilly: “Jodie ha dovuto pulire il vomito e questo era molto più disgustoso”.
D: (per K. Winslet) Alla fine del film ho pensato a Liz Taylor in Virginia Woolf e Tennessee Williams. Pensa che questo sia un ruolo simile – un ruolo molto ricco e forte – per te e per Jodie Foster?
Kate Winslet: “Penso che Jodie e tutti noi ci siamo sentiti veramente fortunati nel poter sviluppare il proprio personaggio secondo la propria persona sul palcoscenico, […] ogni personaggio è estremo, strong, […] ma non abbiamo cercato di emulare nessuna performance di altri perché ogni personaggio inizia in un posto e finisce in un altro completamente diverso e questo è terribile. […] E’ stata molto dura concentrarsi in un’unica stanza, nel tempo reale di un’ora e quaranta. […] Ci siamo supportati reciprocamente e abbiamo cercato di rendere onore a questi splendidi personaggi creati da Yasmina”.
D: (per K. Winslet) E’ più difficile per un attore preparare un ruolo in questo tipo di film dove forse la storia è molto semplice, ma ogni cosa è centrale nelle azioni specialmente nei dialoghi.
K. Winslet : “Non ho una formula nel prepararmi per un lavoro e se l’avessi, la metà del tempo lo passerei a girarci intorno e a cercare alternative. […] Tu hai detto che è una storia semplice ma in realtà è incredibilmente complessa, dettagliata, contiene ogni dinamica famigliare, ogni relazione. La mia più grande preoccupazione è stata: sarò più divertente di Hope Davis che ha interpretato Nancy in modo così brillante sul palco? Quando ho superato questo aspetto e ho capito che la versione cinematografica ha tono e ritmo completamente diversi, mi sono separata dalle ansie iniziali e tutto ha preso ritmo”.
L’incontro si chiude con l’ultima domanda che ci riporta al confronto teatro-cinema.
D: Derivando da una pièce teatrale, come avete lavorato sull’uso degli spazi? Avete lavorato tra di voi con R. Polanski o vi siete ispirati a quello che facevano gli attori sul palcoscenico?
C. Waltz: “L’uso dello spazio è stato pensato in modo molto preciso, dettagliato, minimale con un’attenzione microscopica al lavoro”.
K. Winslet: “Siamo arrivati il primo giorno delle prove e non avevamo idea su come dovesse funzionare, cosa volesse Roman; […] abbiamo fatto delle prove come in una pièce, calcolando i stessi movimenti, ogni singolo dettaglio è stato mappato e questa è un’altra somiglianza col teatro”.
J. C. Reilly: “I movimenti hanno rispecchiato i cambiamenti nei personaggi”.
Maria Lucia Tangorra