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City on Fire

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VOTO: 8

La parabola dolorosa di Ko Chow non invecchia

La proiezione di City on Fire, capolavoro di Ringo Lam, al Far East Film Festival 2019 ha avuto un duplice scopo. La volontà originaria è stata senza dubbio quella d’omaggiare un maestro del cinema di Hong Kong (e amico del festival udinese) a pochi mesi dalla sua scomparsa. L’altro obiettivo che il comitato organizzativo s’è posto, invece, è stato quello di dare vita a un nuovo filone di proiezioni all’interno del programma. La rassegna “The Odd Couples”, inaugurata martedì al cinema Centrale, può e potrà rinnovare sensibilmente l’offerta del Feff, aprendo nuove prospettive di studio per i critici e gli appassionati a partire dal confronto serrato tra un’opera orientale e una occidentale che ad essa ha guardato e preso ispirazione. O viceversa.
Prendiamo pure questo primo caso. Le iene di Quentin Tarantino, del 1992, e per l’appunto City on Fire, quest’ultimo risalente al 1987. Il fatto che il cineasta americano abbia esplicitamente dichiarato che il modello d’ispirazione per il suo primo lavoro fu proprio il lungometraggio di Ringo Lam non deve trarre in inganno. Chi lo desidera può individuare facilmente le affinità formali che intercorrono tra i due film. Noterà così le riprese nette ed incontrovertibili di Tarantino, la rapina alla gioielleria, gli spari contro la polizia, il tutti contro tutti finale ecc. Un esercizio interessante e senza dubbio utile, per carità, però è necessario rendersi conto e poi ricordarsi che City on Fire e Le iene sono e restano molto diversi tra loro. Figli di una medesima idea, prendono strade differenti per esprimere differenti progetti di cinema.
Se si guarda il film di Lam per la prima volta oggigiorno, come magari è capitato a molti dei presenti alla proiezione del Far East, si può rischiare, adottando un punto di vista superficiale, di non focalizzarlo adeguatamente. Le sequenze d’azione e le sparatorie possono infatti sviare l’attenzione dello spettatore moderno, che, distratto dalla confezione, presta poco attenzione a ciò che vi è contenuto. E, del resto, il vero regalo che ci fa Ringo Lam con City on Fire sta tutto in quello che vi è di meno appariscente nel film, dalle sottotrame che illustrano la vita privata, gli affetti e i problemi del poliziotto infiltrato Ko Chow agli stacchi musicali capitanati dalla voce di Maria Cordero.
La vicenda del film di Lam è intrisa di tristezza, profonda proprio perché sostanzialmente celata, confinata al sonno e alla notte, agli incubi sempre più orrendi che si accavallano e che tormentano la mente e l’animo di Ko Chow. Un noir dai toni malinconici, che usa l’ironia non tanto per ammorbidire o rendere più leggere una storia di sangue, amicizie tradite e desideri irrealizzati quanto per rendere tutto ciò ancora più presente e doloroso, proprio perché sottaciuto. Ko Chow è un personaggio tormentato, che dietro la leggerezza di alcune sue battute nasconde un amore viscerale per una donna che gli vuole bene ma non riesce pienamente a comprenderlo, l’affanno derivato da una parte della polizia che lo perseguita e soprattutto un passato con cui non hai mai chiuso del tutto i conti.
È proprio quel passato a ripresentarsi nel finale di City on Fire e a chiudere la vicenda umana di Ko Chow, autentico perno del film. Di nuovo un legame fraterno che si è instaurato con un criminale, Fu, di nuovo il suo dovere da agente sotto copertura che si viene a scontrare con i suoi sentimenti. Non è un caso se ciò che rimase maggiormente a Tarantino di questo film che ha inaugurato una nuova era del cinema di Hong Kong fu questo rapporto d’amicizia su cui sviluppa la seconda parte del lungometraggio di Lam. Ne Le iene il legame tra Harvey Keitel e Tim Roth percorre pressoché l’intera durata del film, concludendolo. Quell’abbraccio doloroso tra i due ricorda da vicino quello tra Fu e Ko Chow. City on Fire termina così; alla fine della corsa non c’è la felicità tanto agognata. Quest’ultima può essere solo accarezzata, mentre la vita scema lentamente dagli occhi che contemplano quello che sarebbe potuto essere un futuro diverso, lontano dalla sofferenza. Mai come in questo momento Ko Chow è vicino al Carlito di De Palma. Ma il paradiso non si trova su questa terra.

Marco Michielis

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