Snowden for President!
Ci perdoni la signora Hillary Clinton, di cui in vista delle presidenziali americane del 2016 è stata annunciata, proprio in questi giorni, la candidatura alle primarie democratiche, ma per la corsa alla Casa Bianca il nostro spirito goliardico e irriverente vorrebbe promuovere una figura ben più scomoda: quella di Edward Snowden!
Da cinefili non ci dispiacerebbe certo la piccola provocazione di avere finalmente un Presidente degli Stati Uniti donna, il che ci ricorderebbe anche, quantomeno, uno dei titoli più gustosi e stranianti nella filmografia del maestro portoghese João Botelho: A Mulher que Acreditava Ser Presidente Dos EUA, fantasmagoria politica datata 2003. Ma considerando quali siano state finora le forme repressive attuate (in modo estremamente brutale) dalle amministrazione repubblicane e (con sfumature solo in parte diverse) da quelle democratiche, negli scenari successivi all’11 settembre, è chiaro che ci vorrebbe ben altro, per risollevare quell’America che con troppo facilità ha sacrificato il rispetto dei più elementari diritti civili, in cambio di un illusorio senso di sicurezza.
Snowden ovviamente non sarà candidato alla Presidenza degli Stati Uniti, anzi, al momento deve cercare protezione altrove e guardarsi bene dal rimettere piede nel suo paese, dove la sua scelta coraggiosa e di grande valore civile gli verrebbe fatta scontare a caro prezzo.
Ma abbiamo voluto appigliarci a un’ipotesi chiaramente e ironicamente fantapolitica, per questa intro, così da ricordare a tutti che il vero rinnovamento può partire soltanto da chi, operando in controtendenza, ha il coraggio di denunciare quell’impasto di autoritarismo, vocazioni imperialiste e impulsi orwelliani, cui il governo statunitense fa ricorso per proiettarsi con sempre maggiore rapacità nelle vite dei propri cittadini come in quelle di chi risiede in altri paesi.
Detto questo, Citizenfour è strumento utilissimo per capire nel dettaglio le circostanze che hanno spinto Edward Snowden, ex tecnico della CIA non asservito al sistema e pronto a schierarsi contro le sue storture, verso la per lui rischiosissima decisione di rendere pubblici documenti altamente riservati, che avrebbero fornito poi le prove della sistematica invasione della privacy operata dall’NSA nei confronti di governi e semplici cittadini di tutto il mondo.
Il documentario vincitore dell’Oscar nel 2015 narra, con un piglio a metà strada tra il film-inchiesta e il thriller politico, i vari incontri avvenuti tra lo stesso Snowden, la film-maker Laura Poitras (autrice del lungometraggio, nonché Premio Pulitzer), ed altri giornalisti o consulenti legali interessati al caso, in particolare Glenn Greenwald ed Ewen MacAskill. Ciò che ne deriva è una sorta di kammerspiel documentaristico che può risultare anche ostico, considerando che l’opera nella sua ragguardevole durata staziona a lungo in una stanza d’albergo ad Hong Kong, quella in cui Snowden si era recato per poter approcciare meglio, in incognito, i propri contatti mediatici e altri fiancheggiatori. Altresì respingente, a volte, è l’abuso di termini informatici e tecnico-scientifici nei loro discorsi. Ma tale ò lo scotto da pagare, se si vuole conoscere approfonditamente una storia che ci riguarda più da vicino di quanto uno potrebbe supporre. Perché ormai viviamo in un mondo dove siamo costantemente connessi. E siamo, quasi conseguentemente, spiati. Se poi questo controllo già fastidioso e sospetto oltrepassa la soglia di guardia, trasformandosi in uno strumento di oppressione su larga scala, la prometeica operazione lanciata da Snowden e le speculari ambiguità riscontrate invece nella politica di Obama (che dal film non ne esce proprio benissimo, volendo usare un eufemismo) diventano parimenti rivelatrici. Pur con la sua forma scarna, sobria, e con le ovvie difficoltà dello spettatore comune e metabolizzare del tutto certi argomenti, Citizenfour di Laura Poitras si conferma quindi visione necessaria a interpretare la realtà odierna con maggiore cognizione di causa.
Stefano Coccia