Home In sala Ancora in sala Room 999

Room 999

174
0
VOTO: 7.5

Il cinema sopravvive?

Nel 1982 Wim Wenders realizzò Camera 666, un documentario girato durante il 35° Festival di Cannes, nella camera d’albergo da cui il titolo, dove venivano fatti sfilare i cineasti in auge all’epoca, cui veniva richiesto di esprimersi circa lo stato della settima arte. C’era il meglio del cinema d’autore, come Fassibinder, Herzog, Antonioni, Godard, ma anche esponenti del cinema hollywoodiano più mainstream, come Spielgerg, e del cinema americano underground, come Monte Hellman e Paul Morissey.

Quarant’anni dopo la regista e attrice francese Lubna Playoust sente la necessità di ripetere l’operazione e di interrogare i cineasti contemporanei su un argomento bollente, non più eludibile. Ovvero: dove sta andando la settima arte in un’era dove il digitale ha soppiantato la pellicola, dove i film si guardano su piattaforme? Chambre 999 (per l’uscita italiana Room 999), è il titolo del film, realizzato a Cannes l’anno scorso, viene ora presentato sulla Croisette nella sezione Cannes Classics, tra i documentari sul cinema.

A iniziare gli interventi è proprio Wim Wenders che ragiona sulla democraticità del digitale nel rendere il cinema accessibile evitando gli altri costi della pellicola. L’elenco dei cineasti è ancora variegato, sono del resto gli ospiti di Cannes 2022. David Cronenberg, che parla di cinema e trasformazioni, come Albert Serra, che si alza e disquisisce sulle piattaforme e le varie forme d’arte. Il più originale è Kirill Serebrennikov che si cambia d’abito senza dire nulla. Olivier Assayas dice che ormai il confine tra cosa sia e cosa non sia il cinema è sempre più labile, mentre il cambogiano Davy Chou magnifica la terza serie di Twin Peaks che forse non è propriamente cinema. Forse. Cristian Mungiu invece parla della prospettiva di fare a meno di esseri umani per un film.

Lubna Playoust si attiene sostanzialmente al format di Wenders, anche se cambia stanza d’albergo. Mantiene la stessa costruzione dell’immagine in ogni intervista. Aggiunge però le didascalie per identificare ogni regista che parla, cosa che il regista del nuovo cinema tedesco aveva assolutamente evitato. Strutturalmente Chambre 999 differisce da Camera 666 proprio per l’oggetto che tratta. Se Wenders concedeva a ogni collega un rullo 16mm di 10 minuti, Lubna Playoust può permettersi di eccedere quel limite proprio grazie al digitale. Lasciando però le parti che definiremmo come fuori onda, che danno il senso del flusso del reale che si segue.

Simbolo del film precedente era un albero secolare, un cedro del Libano di circa 150 anni, per Wenders l’immagine ad accoglierlo a ogni suo ritorno in Europa. Una presenza antica, nato anche prima dell’invenzione stessa del cinematografo. Una presenza longeva che assisteva ai cambiamenti dell’umanità. Lubna Playoust torna a filmarlo per scoprire che l’albero è ormai defunto. Rimane l’enorme tronco, non rimosso come si fa ormai per l’utilità che la sua lenta decomposizione avrà sull’ecosistema. Continuerà a dare vita anche da morto. Non potrebbe essere più metaforico. Sopravvive il cinema, magari con altri nomi e sotto altre forme, alla morte della celluloide?

Giampiero Raganelli

Articolo precedenteDenti da squalo
Articolo successivoTransformers – Il risveglio

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

2 × cinque =