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Caught by the Tides

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VOTO: 7.5

Still China

Versi di gabbiani fanno iniziare la canzone Go West, nella versione dei Pet Shop Boys, che Jia Zhangke ha scelto per aprire e chiudere il suo Al di là delle montagne, film che si apre e si chiude con questa sensazione di brezza marina, di viaggio, di orizzonti, di essere cullati dalle onde, presi nelle maree come lo sono i suoi personaggi, trasportati nello spazio e nel tempo di una Cina in vertiginosa trasformazione sociale, economica, paesaggistica. Caught by the Tides, in concorso a Cannes 2024, è proprio il titolo dell’ultima opera del regista della sesta generazione cinese, come un compendio del suo cinema che ha tutta l’aria del film definitivo. Non è un mistero, infatti, che Jia sia ultimamente molto dedito alle sue attività culturali, promozionali e politiche nella sua Heimat, la provincia dello Shanxi, culla, forza centrifuga e centripeta del suo cinema. In un’immagine di Caught by the Tides vediamo i liquori dello Shanxi come sponsor delle Olimpiadi di Pechino del 2008, ed è un’immagine chiave del suo cinema per tanti motivi, da un lato per la sua nota predilezione per il baijiu, la grappa cinese, prodotta vicino a casa sua, che considera una linfa ispiratrice per i suoi film, in cui compare spesso bevuta dai personaggi. Dall’altro segna il contributo della sua provincia alla nazione.
Il cinema di Jia Zhangke accarezza la storia recente del suo paese, fino a spingersi a immaginarne un futuro prossimo, le sue trasformazioni vertiginose messe in scena come rivoluzioni della cultura popolare, le canzoni, i balli, oppure con incredibili composizioni delle immagini, dove coesistono elementi della tradizione con altri della più spinta modernità. Con Caught by the Tides applica questa struttura al suo stesso cinema, raccontando un’esile storia d’amore di due personaggi, Qiaoqiao e Bin, interpretati dai suoi attori feticcio Tao Zhao e Zhubin Li, presi dalle maree, dal 2000 fino al Covid e oltre. E lo fa utilizzando pezzi del suo cinema, verosimilmente il girato scartato al montaggio dei suoi film, un’operazione già abbozzata nel precedente I figli del fiume giallo. Così i protagonisti sono trascinati tra Datong, la diga delle Tre Gole prima e dopo la sua realizzazione, quei villaggi sgomberati che attendono di essere inondati, le Olimpiadi di Pechino del 2008, tra danze in disco, canzoni popolari e poster di Mao sbiaditi, sterminata campagna e agglomerati urbani infiniti.
Caught by the Tides ripercorre il cinema del regista che ripercorre le maree della storia cinese. In un primo momento l’operazione convince poco, sembrando più un atto di compilazione, sterile e forzata. Ma tutto si giustifica e si potenzia nella parte finale, girata ex novo, quella che arriva ai nostri giorni, alla pandemia, e oltre, immaginando un neanche tanto futuristico robot che funziona con l’intelligenza artificiale. Un ulteriore passo in avanti per Jia Zhangke e la sua Cina.

Giampiero Raganelli

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