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Galileo scriveva “Dietro ogni problema c’è un’opportunità”. Tale massima viene citata da chiunque si proponga di avere un’attegiamento positivo verso la vita. Pare abbia avuto successo soprattutto tra gli uomini d’affari. I giovani protagonisti di questo Bumba Atomika, primo lungometraggio del regista marchigiano Michele Senesi, datato 2008 e ora presentato a Indiecinema Film Festival 2020, si vedono innegabilmente come imprenditori rampanti e pieni di idee per sfruttare nuove nicchie di mercato. Sostenuti nel loro entusiasmo da prodigiosi integratori “su base uva” volgarmente noti come “vino” si lanciano con entusiasmo in una nuova opportunità di business nella sonnacchiosa provincia marchigiana. I caratteri e la vicenda vengono anticipati nei primi sei minuti della pellicola, i quali fungono da antefatto e summa di ciò che viene poi sviluppato nel resto del film.
In quella che sembra una miscellanea di un certo cinema a cavallo tra anni Novanta e anni Duemila Senesi ci trascina in un delirante trip lisergico che appare girato a velocità aumentata. L’autore sembra ricercare la strada dell’assurdo e del non-sense per parlare di una storia di nero provinciale. I riferimenti paiono essere molti e vari; da Guy Ritchie e Alex Infascelli, al videoclip dei primi anni Duemila, certa letteratura pulp, Chuck Palahniuk, Nicolò Ammaniti, fino ad arrivare al Robert Louis Stevenson del racconto Il trafugatore di salme. E poi gran parte del cinema horror italiano e il Peter Jackson degli esordi splatter; qui ci fermiamo perché l’esercizio di tracciare tutti i riferimenti appare quantomeno improbo. E dunque mescolando tutto ciò Michele Senesi crea un’opera post-moderna nel quale una grossa fetta dell’immaginario e della cultura di genere finiscono frullati in un’enorme vortice solo apparentemente senza controllo. Sì, perché i mezzi saranno anche poveri ma la fattura è buona davvero e testimonia di un talento vulcanico e ordinato che ben sa gestire il delirio che ha messo in moto.
Tutto ciò contribuisce a rendere il film un’opera davvero interessante ed eccentrica rispetto al cinema italiano tutto, davvero non riusciamo a trovare qualcosa o qualcuno cui il lavoro di Senesi possa essere messo al fianco per tentare, quantomeno, di individuare una vena d’appartenenza all’interno del panorama cinematografico italiano. Gli unici paragoni che ci paiono calzanti sono con opere isolate di registi stranieri, di certo non italiani. E non ci stupisce, di conseguenza, che questo regista abbia fino ad ora prodotto solo tre lungometraggi. Troppo insolito, troppo estremo, impossibile da incasellare, e dunque destinato a rimenere ai margini.
Peccato, perché forse sarebbe riuscito ad ispirare un qualche rinnovamento del cinema italiano. Rinnovamento che ancora oggi stentiamo a vedere nelle nuove produzioni, eccezion fatta per pochissimi autori, tra i quali possiamo annoverare Gabriele Mainetti e Matteo Rovere, probabilmente più abili o forse più fortunati.
Luca Bovio
Il lungometraggio è diponibile per la visione sulla piattaforma IndieCinema