Fumettosa e divertente avventura criminale sulle strade ferrate del Giappone
Pullula di assassini il treno superveloce (il “Bullet Train” del titolo) diretto a trecento chilometri orari verso Kyoto, in Giappone, ognuno di essi con un ridicolo nome in codice. In crisi esistenziale c’è “Ladybug”, ovvero “Coccinella” (Brad Pitt), che deve mettere in pausa le sue sedute con l’analista per sostituire un collega impossibilitato a svolgere la missione. Si tratta comunque (apparentemente!) di un incarico agevole, ovvero trafugare una valigetta piena di soldi ad una coppia di sicari. Quest’ultimi sono “Lemon”, ovviamente “Limone” (Brian Tyree Henry) e “Tangerine”, “Mandarino” (Aaron Taylor-Johnson). Sono fratelli anche se uno dei due è stato adottato, poiché “Lemon” è nero e “Tangerine” è bianco. Affiatatissimi, letali, hanno in custodia anche un altro carico prezioso oltre la valigetta col denaro: il figlio del potente boss della Yakuza, la “Morte Bianca”, in realtà un russo che si è fatto strada massacrando chiunque sul suo cammino e di cui si raccontano cruente leggende. Ma le cose sono addirittura più complesse sul convoglio. Il giovane Kimura (Andrew Koji) deve regolare dei conti: ha ricevuto una soffiata riguardante il sedile che occupa l’attentatore che, pochi giorni prima, ha buttato da un palazzo il figlio Wataru, riducendolo in fin di vita. Il padre di Kimura, di cui non conosciamo il nome (Hiroyuki Sanada), forse potrebbe sapere qualcosa sulla faccenda, visto il suo misterioso passato. Ad ogni modo, giunto nel vagone, al posto indicato si trova solo un’innocente ragazza detta “Principessina” (Joey King) che, scopriamo ben presto, è in realtà una scaltra criminale che sa approfittare del suo candido aspetto. Infine, ben nascosto da qualche parte, si aggira fra gli scompartimenti il mortifero assassino “The Hornet”, specializzato in avvelenamenti, una figura senza volto che pare giocare una partita tutta sua (e di cui non sveliamo il nome per non rovinare la trama). Inutile dire che “Ladybug” non avrà così facilmente la valigetta, che “Lemon” e “Tangerine” si troveranno in enormi guai con chi li ha assoldati e che Kimura non troverà semplice attuare la sua rappresaglia. Intanto il treno corre sempre più rapido verso il capolinea, dove la “Morte Bianca” in persona attende circondato da un esercito di scagnozzi. E’ un gioco al massacro mentre le ore volano via troppo in fretta, circolano esplosivi, serpenti e perfino un killer messicano in cerca di vendetta. Ma chi è che in realtà sta tirando i fili?
Basandosi sul libro “Maria Beetle” scritto nel 2010 da Kōtarō Isaka (tradotto in inglese proprio con il titolo “Bullet Train” e in italiano con “I sette killer dello Shinkanzen”), il regista David Leitch (suoi l’ottimo Atomic Blonde del 2017 e lo spassoso Deadpool 2 del 2018) si affida allo sceneggiatore Zak Olkewicz per portare sullo schermo un’avventura dai ritmi serrati. Il risultato finale è un film divertente, dai dialoghi brillanti, zeppo di umorismo nero e di una sequela di trovate fuori dal comune. Misteri dentro misteri, identità segrete, armi da fuoco, spade e pugnali, sangue a fiumi e una miscela di azione e commedia condita dall’atmosfera fumettistica di un Giappone al neon. Impossibile non notare in tutto questo l’ispirazione fornita dalle pellicole di Quentin Tarantino e dalla saga di Kill Bill in particolare. Irresistibili alcuni tratti caratteriali dei protagonisti, come il tentativo di “Ladybug” di applicare la sua ricerca di pace e serenità pur nel mezzo degli innumerevoli duelli che affronta. Oppure il candore della “Principessa” a fronte della sua glaciale crudeltà. Noi abbiamo un debole per “Lemon”, che ha eretto a faro della psicologia sociale la serie animata “Il trenino Thomas”, i cui personaggi vengono utilizzati come archetipi per leggere la varia umanità (attenzione a chi può sembrare la locomotiva “Diesel”, il peggiore di tutti!).
E’ una corsa esilarante e adrenalinica nella quale nulla ci importa della plausibilità di alcune scene e di alcuni aspetti narrativi, meglio godere della regia impeccabile di Leitch, dei colori, dei cameo, delle battute fulminanti. Allacciate le cinture.
Massimo Brigandì