Cacciatori
Il 2022 non si è ancora chiuso, ma nella top ten dei migliori film dell’anno stilata da Cahiers du Cinéma, una delle Bibbie più autorevoli per chi fa critica e per chi la legge, ha già trovato una collocazione, per la precisione sul sesto gradino della scala di gradimento della nota testata francese. Un riconoscimento importante e prestigioso, questo, che va ad aggiungersi ai numerosi consensi raccolti tra gli addetti ai lavori e non nel circuito festivaliero internazionale dalla pellicola in questione. Si tratta di Bowling Saturne, il sesto lungometraggio di Patricia Mazuy, presentato in anteprima mondiale nella competizione del 75° Locarno Film Festival e poi in quella della 32esima edizione del Noir in Festival, dove si è aggiudicato il Black Panther per il miglior film. Dei titoli in concorso alla kermesse milanese quello diretto dalla cineasta di Digione è senza dubbio il più aderente al genere chiamato in causa, ossia a quel noir che nelle sue mani e attraverso il suo sguardo viene riesplorato nel mondo moderno, in una chiave fortemente attuale.
Al netto di contaminazioni con il crime e il serial-thriller, Bowling Saturne usa i temi e gli stilemi del genere di riferimento per entrare a gamba tesa e senza filtri nella mente dello spettatore di turno, che davanti a certe immagini non potrà di certo rimanere indifferente. Lo fa per trattare argomentazioni dal peso specifico rilevante, a cominciare dalla violenza sulle donne e il maschilismo imperante nella Società di ieri e di oggi. Argomentazioni che vengono assorbite dalla penna di Yves Thomas e della Mazuy stessa per dare forma e sostanza a una sceneggiatura chirurgica e diretta quanto la sua trasposizione. Entrambe non scendono a compromessi con nessuno, mostrando prima senza esitazione e poi non mostrandola ma facendola percepire, tutta quella violenza addomesticata dall’uomo e pronta a essere liberata.
La storia che ne racconta e ne mostra gli effetti sullo schermo è semplice, scarna e al contempo efficacissima nel puntare l’attenzione sulla fascinazione e la banalità del male, che diventano il carburante che alimenta il motore del plot al centro del film, oltre che le dinamiche di sangue che si vengono a creare tra i personaggi coinvolti, a cominciare da quello di Guillaume, un agente di polizia che alla morte del padre eredita la pista da bowling di famiglia che dona a sua volta al fratellastro Armand. Un luogo infestato da fantasmi, dove si scatena una serie di omicidi. I due fratelli, perciò, sono trascinati in un abisso pieno di demoni e dovranno fare i conti con la loro eredità. L’oscurità regna su un mondo nel quale vale solo la regola della caccia.
Una caccia che si consuma sullo schermo a più livelli: quello più superficiale delle indagini che il co-protagonista poliziotto conduce per consegnare alla giustizia il responsabile degli atroci delitti e quello più stratificato della violenza e dell’istinto brutale dell’essere umano. Se sul primo si lavora in maniera lineare per mettere in sequenza gli step del racconto e il progredire delle indagini, con il secondo si alterna al realismo duro e crudo (vedi il primo omicidio) il metaforico, dando alla caccia e al cacciatore nel senso generale e predatorio del termine una connotazione non solo materiale ma anche figurativa e sociale, diventando il male e il lato oscuro che alberga nell’essere umano.
Il tutto fa di Bowling Saturne un’opera feroce, che aggredisce il fruitore come un animale rabbioso che punta e poi attacca la sua preda. Lo costringe all’angolo, lo pone davanti ai fatti, gli mostra sino a che punto l’istinto predatorio può arrivare a spingersi quando viene meno il controllo. E a incarnare tutto questo ci pensa un inquietante Achille Reggiani, che nei panni di Armand mostra con una disturbante interpretazione l’esplosione incontrollata della violenza.
Francesco Del Grosso