L’odore delle emozioni
Di cartucce da sparare per abbattere le resistenze degli spettatori più esigenti il Noir in Festival 2018 ne ha avute diverse a disposizione. Tra queste figura Border di Ali Abbasi (nella versione italiana Border – Creature di confine), approdato in anteprima italiana sugli schermi della kermesse lombarda nella terza e ultima giornata della tappa milanese; e lo ha fatto sulla scia di un percorso nel circuito festivaliero internazionale già ricco di importanti riconoscimenti, a cominciare dal premio per il miglior film della sezione “Un Certain Regard” a Cannes 2018 e le quattro nomination raccolte agli European Film Awards.
Detto questo, iniziamo con il dire che l’opera seconda del cineasta danese di origini iraniane ha colpito nel segno, con il voto che abbiamo deciso di attribuirgli che lo dimostra e ne sottolinea i tanti indubbi meriti, gli stessi che il pubblico italiano potrà constatare con i propri occhi quando il film farà la sua comparsa nelle sale nostrane il 14 febbraio 2019, grazie a Wanted Cinema. Meriti espressi sul campo e rintracciabili tanto nella scrittura quanto negli elementi che ne hanno caratterizzato la fase di messa in quadro.
Sul fronte narrativo e drammaturgico, Abbasi ha potuto contare sulle pagine dell’omonimo racconto breve di John Ajvide Lindqvist, noto scrittore svedese passato alle cronache per essere l’autore di “Lasciami entrare”, celeberrimo romanzo dal quale sono nati a distanza di tempo le trasposizioni cinematografiche firmate da Tomas Alfredson prima e da Matt Reeves poi. E in Border è possibile ritrovare proprio alcuni degli ingredienti, dei temi e degli stilemi, che hanno fatto la fortuna della suddetta opera, ma senza cercare di replicarne fedelmente e furbescamente la formula per inseguire i medesimi risultati. Qui troviamo ancora una volta il tema della diversità, dei legami familiari e affettivi, dell’orrore che si cela nel quotidiano e della ricerca dell’identità. Il tutto declinato però in modo originale e con stratificazioni metaforiche che rendono il viaggio esistenziale, fisico ed emozionale della protagonista, una storia di genere solo in superficie. Questo perché sotto l’epidermide narrativa di un racconto che chiama in causa una riuscita contaminazione di colori, atmosfere e mood, scorrono messaggi importanti che sta al fruitore di turno rintracciare e cogliere nel corso della visione. Ed è con questa attenzione che bisogna presentarsi al cospetto della storia di Tina, un’impiegata alla dogana, convinta di essere nata con una grave deformazione genetica che le ha impedito una vita per così dire normale, ma che al contempo le ha donato un olfatto eccezionale che consente di fiutare il senso di colpa, la paura, la vergogna dei colpevoli. Tina si dimostra infallibile fino al giorno in cui Vore, un uomo all’apparenza sospetto, le passa davanti e le sue abilità per la prima volta sono messe alla prova. Tina sente che Vore nasconde qualcosa che, però, non riesce a decifrare. Peggio ancora, ne è irresistibilmente attratta e quando si lascia andare a una relazione con lui, scoprirà anche la sua vera identità. Come Vore, Tina non appartiene al mondo degli umani. Tutta la sua esistenza non è stata che una menzogna e ora dovrà scegliere se continuare a vivere una bugia o accettare la terrificante verità che le ha offerto Vore.
Come potrete intuire dalla sinossi, oltre ai temi già evidenziati e al mix di generi (dall’horror al thriller, passando per il melò e le diverse sfumature del noir), in Border non mancano di certo le emozioni e i sapori forti (la scena del primo rapporto sessuale nel bosco tra Tina e Vore è tra quelle presenti la più disturbante), che si contrappongono diversamente da quanto si potrebbe immaginare con momenti di puro lirismo e di grande dolcezza (la corsa nel bosco e il bagno sotto la pioggia). Facce distanti ma di una stessa medaglia che consegnano alla platea un film capace di fare coesistere materie dal peso specifico e dalle temperature diverse. Il che reso possibile non solo dal lavoro sulla carta, ma anche da quello preziosissimo che Abbasi ha fatto da dietro la macchina da presa sia nella confezione che nella direzione degli attori, dove spicca la straordinaria, intensa, fisica ed emotivamente cangiante interpretazione di Eva Melander nei panni di Tina.
Francesco Del Grosso