La nascita di una leggenda
La leggenda del tennis Boris Becker ha fatto molto parlare di sé recentemente a causa dei propri problemi legali e finanziari. Poteva, dunque, la Settima Arte restare indifferente a ciò, senza dedicare almeno un’opera al celebre tennista di Leimen? Assolutamente no. E infatti, ecco arrivare in anteprima in questa 73° edizione del Festival di Berlino – all’interno della sezione Berlinale Special Gala – il documentario Boom! Boom! The World vs. Boris Becker, firmato Alex Gibney.
Sulla carta, tale opera sembrerebbe quasi una garanzia, dal momento che Gibney già da anni si è affermato sul panorama cinematografico mondiale, vincendo addirittura un Oscar, nel 2008, grazie al documentario Taxi to the Dark Side. Con tali premesse, dunque, alte sono le aspettative per quanto riguarda il presente Boom! Boom! The World vs. Boris Becker. Sarà stato in grado, Gibney, di soddisfare le aspettative di pubblico e critica? Andiamo per gradi.
Tutto ha inizio, dunque, in tempi recenti: Boris Becker sta per essere processato per bancarotta. Numerosi sono i giornalisti davanti al tribunale, aspettando che l’atleta arrivi. Alex Gibney lo ha intervistato ben due volte: nel 2019 – quando i suoi problemi legali stavano prendendo il via – e nel 2022 – soltanto pochi giorni prima della sua condanna. Partendo da spezzoni di queste recenti interviste, da interviste con chi ha avuto modo di conoscerlo da vicino e da filmati di repertorio, il regista ha ripercorso le più importanti tappe della carriera di Becker, dalle sue prime vittorie a Wimbledon, fino a quando, nel 1991, è diventato campione del mondo.
Con un approccio diretto e dall’impostazione prettamente classica, Boom! Boom! The World vs. Boris Becker complessivamente riesce a intrattenere piacevolmente il pubblico. Eppure, qualcosa non convince del tutto. Che si tratti della prima parte di un ben più ampio progetto? Una probabile suddivisione in capitoli (come sta a suggerirci una didascalia: “Prima Parte – Il successo”) è la prima cosa che viene in mente al termine della visione. E infatti, questo lavoro di Alex Gibney sembrerebbe addirittura “tronco”, non soltanto per quanto riguarda il fatto che il discorso si ferma, appunto, nel 1991, ma anche per quanto riguarda questioni tirate in ballo e mai realmente approfondite.
Per quanto riguarda questa “prima parte”, ad ogni modo, l’approccio registico, in linea di massima, convince, fatta eccezione per un carattere a tratti eccessivamente televisivo e per piccoli, ma costanti “vezzi” che il regista si è di quando in quando concesso (in particolare, impossibile non notare – appena prima di ogni competizione a cui Becker ha preso parte – una pallina da tennis che vola in alto, rigorosamente in slow motion, assumendo immediatamente connotazioni quasi “mistiche”). Poco male, però. Perché, di fatto, Alex Gibney sa indubbiamente il fatto suo e sa anche su cosa puntare quando si vuole impressionare il pubblico. Bisognerà vedere se e in che modo ha intenzione di ampliare o continuare questo suo importante progetto.
Marina Pavido