Natale ad Hong Kong
Erano ottime le premesse del lungometraggio proiettato in seconda serata al Far East Film Festival 2019, tali da far presagire una coda scoppiettante per questa prima giornata di programmazione: definito con una trovata invero geniale (di quelle che avremmo volto rinvenire più spesso anche nel film) “cat-and-mouse action” sulle pagine del catalogo, Bodies at Rest di Renny Harlin pareva destinato a rinverdire almeno un po’ i fasti del cinema d’azione di Hong Kong, a partire ovviamente dall’ambientazione claustrofobica, dall’adrenalinico svolgimento dell’azione (tutta concentrata, peraltro, nell’arco di una interminabile nottata) e dal rituale confrontarsi di una squadra di buoni e di un agguerrito manipolo di villain, con tanto di maschere da rapinatori sul volto. Difficile però appassionarsi fino in fondo a un ipotetico “gioco del gatto col topo”, quando ciascun personaggio reagisce agli imprevisti e alle situazioni più assurde proposte dalla sceneggiatura con l’intelligenza di un criceto!
Ed è per questo che il titolo dato alla recensione, “Natale ad Hong Kong”, sembra alludere più a certi titoli della filmografia di Neri Parenti, che a un action movie pienamente riuscito: tante del resto le risate in sala, specie di fronte a una seconda parte del racconto tanto convulsa quanto piena di grotteschi e improbabili colpi di scena. Il Natale comunque c’entra sul serio. Quella che, nonostante le feste incombenti, sembrerebbe una serata di ordinaria amministrazione nell’obitorio dove lavorano il patologo forense Nick e la sua assistente Lynn, si complicano all’improvviso quando una banda di feroci malviventi fa irruzione nello stabile semi-deserto, prendendo in ostaggio i pochi ancora al lavoro. Di sicuro pittoresche (e dal non disprezzabile effetto straniante) le maschere indossate dagli assalitori, il cui blitz in una morgue la notte di natale lascia inizialmente sconcertati: Babbo Natale, Rudolph la renna e un Elfo. Si scoprirà ben presto che lo strano terzetto è interessato a recuperare un proiettile dal corpo di una vittima, per nascondere le tracce del loro delitto. Ma quando la situazione degenera e tra gli ostaggi cominciano a esserci le prime vittime, i sinistri ed asettici spazi del labirintico edificio sono destinati a diventare teatro di una sfida senza esclusione di colpi…
Peccato però che a Renny Harlin, non sostenuto da una sceneggiatura piena di buchi, facilonerie e personaggi tratteggiati male (destinato a incidere poco è anche lo scarno background dei protagonisti, partendo proprio dal dottore-eroe), sfugga quasi sempre il filo del discorso, cui viene a mancare strada facendo persino quel minimo di credibilità necessario a sostenere la logica della componente action. Troppe soluzioni forzate, gag da slapstick movie ed uscite intrise di comicità involontaria finiscono così per indebolire il prodotto, ancora godibile dal punto di vista del ritmo ma troppo “leggero” per tutto quanto il resto.
Stefano Coccia